Padroncini, ovvero lavoratori autonomi provenienti dal Varesotto e dal Comasco, sempre più padroni del Canton Ticino. Sono cifre da capogiro, infatti, quelle fornite dall’Ire, l’Istituto per le ricerche economiche, per conto della Commissione tripartita, organo deputato a vigilare propri sugli effetti della libera circolazione nell’ambito del mercato del lavoro, sulla situazione dei padroncini (in prevalenza piccoli artigiani) e dei distaccati in Ticino. In meno di nove anni in Ticino il loro numero è infatti aumentato di circa undicimila unità. Dati alla mano infatti nel 2004 erano poco meno di duemila. Nel 2012 invece quasi tredicimila. 12830 per essere precisi.
Le giornate di lavoro fornite da questa categoria di lavoratori sono state oltre 273mila e, conclude lo studio dell’Ire, questo si può tradurre in circa 1139 impieghi a tempo pieno. Impieghi erosi proprio dai frontalieri autonomi a danno dei loro colleghi ticinesi. Anche per questo a fine mese il Consiglio di Stato si recherà nuovamente a Berna per attirare l’attenzione su questo fenomeno. L’obiettivo è quello di mettere a punto, infatti, una sorta di rete protettiva.
Che parte proprio da un rapporto denominato «Lavoratori frontalieri, fornitori di prestazioni indipendenti esteri e lavoratori distaccati in Ticino» ed elaborato dal Gruppo di coordinamento interdipartimentale ristretto e destinato ad essere consolidato, entro la fine di settembre, in una versione definitiva. Il documento, richiesto dal Governo alla fine dello scorso mese di maggio, e frutto di un lavoro che ha coinvolto tutti i settori dell’amministrazione cantonale, fornisce un’analisi quantitativa e qualitativa delle recenti evoluzioni osservate sul territorio,
prendendo poi in considerazione oltre sessanta potenziali provvedimenti utili a salvaguardare il mercato del lavoro ticinese e a combattere le distorsioni della concorrenza. Anche perché, proprio di recente, il Consiglio di Stato ha ribadito la propria preoccupazione per «l’inconfutabile e sostanziale aumento della pressione sul mercato del lavoro interno, e per la difficoltà nel fare recepire l’eccezionalità della situazione alla quale è confrontato il Ticino, per effetto della grave crisi vissuta dalla vicina Italia».
Crisi che porta sempre più artigiani, non solo frontalieri dunque, a varcare la frontiera in cerca di lavoro. Così le conclusioni del rapporto preliminare, una volta consolidate, sotto forma di proposte di intervento condivise dal Consiglio di Stato, saranno quindi utili anche per presentare alle autorità superiori le particolari esigenze del Ticino sul tema dei prestatori transfrontalieri di servizi, siano essi indipendenti e distaccati. Il che tradotto significa una cosa sola: un giro di vite in arrivo.
Lavena Ponte Tresa
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