Riforme, governo sotto «Sì al Senato elettivo»

La maggioranza che aveva trovato un accordo al fotofinish sulle riforme, rischia ora di vedere snaturata la riforma del Senato. Ieri sera, a sorpresa, in commissione Affari costituzionali è stato approvato per un voto l’ordine del giorno di Roberto Calderoli che prevede un Senato elettivo che snatura, di fatto, il disegno di legge presentato dal ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi. Il testo presentato dal senatore leghista prevede che i senatori di ciascuna regione siano eletti a suffragio universale dai cittadini della stessa regione contestualmente ai Consigli regionali. Il testo è passato con 15 voti a favore e 14 contro, grazie al sì di Mario Mauro. Subito è scoppiato il caos, tanto che la seduta è stata sospesa.

Per tutta la giornata si era sfiorata una rottura, con tanto di voci di minacce di dimissioni del governo, susseguitesi a Palazzo Madama (anche se poi smentite nettamente), nel caso in cui non si fosse trovata un’intesa sull’adozione del testo base dell’esecutivo.

Le tensioni sono cominciate nella seduta del mattino quando Roberto Calderoli ha presentato inaspettatamente un ordine del giorno che indicava delle profonde modifiche al testo del governo. Effettivamente Calderoli, con l’altra relatrice Anna Finocchiaro, aveva concordato l’idea di far votare un ordine del giorno con le modifiche che nel dibattito erano apparse condivise da tutti i gruppi. Ma il testo presentato dal senatore della Lega andava oltre e indicava puntualmente il modo in cui i futuri senatori dovranno essere eletti.

Dopo un incontro nel primo pomeriggio tra Calderoli e Finocchiaro, quest’ultima ha avuto una lunga riunione con il ministro Maria Elena Boschi mentre si sono diffuse in Senato le voci più disparate, alcune delle quali incontrollate. La differenza principale tra l’impostazione di Calderoli e quella di Finocchiaro riguardava l’indicazione o meno delle modalità di elezione dei senatori. Finocchiaro, sostenuta dal capogruppo del Pd Luigi Zanda e da Scelta civica, ha suggerito che l’ordine del giorno indicasse semplicemente che la futura Camera Alta debba essere un «Senato delle Autonomie», cioè una Camera in cui devono trovare voce le regioni e i sindaci, lasciando impregiudicate le soluzioni tecniche. Questa formula ha convinto Mario Mauro inizialmente deciso a non votare l’ordine del giorno, cosa che avrebbe «mandato sotto» la maggioranza anche a causa del «niet» di Corradino Mineo (Pd). Cosa che in serata si è puntualmente verificata. In questo clima si è diffusa la voce che il ministro Boschi avesse paventato le dimissioni del governo in caso di mancata adozione del testo dello stesso esecutivo come testo base. Quella del ministro era stata probabilmente una semplice osservazione dei rischi naturalmente impliciti nel caso di uno stop alle riforme. Sta di fatto che il renziano Roberto Giachetti ha esortato Matteo Renzi ad andare alle urne per rompere il rischio di uno stallo. In serata anche Calderoli si è presentato in commissione per la seduta notturna con un nuovo ordine del giorno, diverso da quello del mattino, più simile a quello di Anna Finocchiaro, almeno all’apparenza. Un’incognita è rappresentata dall’ordine del giorno presentato da Paolo Romani, capogruppo di Forza Italia, che chiede che tra i temi delle future riforme ci sia anche il presidenzialismo.

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