Una città nella città, la Woodstock del remo, il paradiso verde degli atleti: la si può mettere come si vuole, ma quello che sta nascendo sotto la riposante ombra degli alberi del parco Zanzi ha tutta l’aria di qualcosa di grande.
Entrare alla Schiranna in un pomeriggio premondiale: occasione per un corso accelerato di sport e fatica. Punto primo: i canottieri non si sbattono solo in acqua, per gare o allenamenti. C’è tutta una preparazione tecnica degli scafi che li coinvolge direttamente e sta a significare il rapporto quasi simbiotico che si crea tra atleta e imbarcazione, fratello e sorella di una stessa famiglia, complici di un destino comune. Bello, quasi suggestivo vedere i marcantoni (e le marcantonie) della nazionale Usa trasportare gli enormi “otto” lunghi oltre 17 metri e poi montarli, pulirli, levigarli, accarezzare queste ammiraglie, simbolo dell’unione che fa la forza.
I ragazzi a stelle e strisce sono stati tra i primi ad aggirarsi tra le vie di una sorta di villaggio in costruzione, fra pochi giorni babele di lingue e di volti provenienti da 51 nazioni diverse. C’è spazio per tutti: ogni bandiera ha il suo castello di barche, la sua tenda per riposare e rilassarsi, il suo posto nel gazebo costruito per la fisioterapia, dove i ciuffi d’erba spuntano dal pavimento a sfidare le assi di legno poste come base della struttura.
Nell’attesa, la cittadella Schiranna ha già i suoi padroni, abitanti indispensabili sia oggi che domani: sono le maglie bianche degli oltre 500 volontari senza i quali nulla sarebbe possibile. Li vedi fin dal grande posteggio sterrato del parco, cortesi nell’indicare ai visitatori di un caldo sabato di luglio dove parcheggiare le loro automobili.
Li trovi nei pressi del campo di gara, ad attendere i team manager che vogliono ottenere l’accredito e tutte le informazioni utili alla loro permanenza, fossero anche le più banali, come il sistema per collegarsi a internet o telefonare a casa dalla stanza di albergo. Li scorgi per le improvvisate strade di questa metropoli remiera in sella ai loro sideways, sorta di bighe elettriche per spostarsi da un punto all’altro.
Hanno le età più disparate, ma la maggior parte sono studenti: Gabriele Nauti e Martina Colombo, per esempio, vengono dal liceo scientifico di Tradate. Per loro, questa è già la terza esperienza dopo Europei e Masters: «Faremo turni di 8 ore, tutti i giorni – raccontano – Ma niente ci pesa: l’atmosfera che si crea è incredibile, conosci persone di tutti i tipi e capisci che la maggior parte di loro ti si affida completamente».
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