La lunga chiacchierata di Pietro Vavassori ha messo luce sulla situazione della Pro Patria.
Ha scattato una fotografia che vede in primo piano la fidejussione da seicentomila euro del patron che vale la disputa del campionato di Lega Pro. Che vale la salvezza dei colori tigrotti. Senza quella garanzia la Pro non esisterebbe. Che piaccia o no, è un dato incontrovertibile. Che non può essere messo in discussione anche se nel mondo tigrotto qualcuno fatica a riconoscerlo: forse convinto che Vavassori avrebbe fatto morire la Pro Patria, già aveva caricato i cannoni. Non li ha però disinnescati, non comprendendo ancora che il bianco e il blu non sono solo i colori di una squadra di calcio qualsiasi, ma fanno da velo ad un sentimento che solo la sensibilità delle persone intelligenti può capire.
Accanto alla fidejussione c’è la figura di Vavassori pronto a garantire il pareggio di bilancio della prossima gestione con giovani under 21 che potrebbero materializzarsi nei prossimi giorni. Entro il 30 luglio la società tigrotta dovrà comunicare l’organigramma societario, tecnico e medico. Il mancato inoltro porterebbe punti di penalizzazione per la Pro Patria. Già parte da meno uno per il deposito della garanzia in ritardo. Mal comune, mezzo gaudio: pensiamo al Mantova, che dovrebbe far parte del girone nord, come la Pro Piacenza che parte da meno otto.
Vicino alla fidejussione e a Vavassori c’è il nulla. Ovvero i trecentosessantacinque giorni trascorsi dall’annuncio di Vavassori di vendere la Pro Patria. Ribadito nello scorso gennaio e successivamente al termine della stagione regolare. Un anno trascorso invano senza che nessuno a Busto si preoccupasse di mettere in sicurezza il mondo tigrotto. Un anno trascorso con sufficienza, ma sarebbe meglio dire con indifferenza. Ovvio che la prospettiva di una stagione low cost fa paura, a maggior ragione in un campionato con il ritorno delle retrocessioni e qualitativamente più competitivo.
Il patron aspetta sempre che qualcuno di buona volontà si presenti «con in mano la fidejussione», conditio sine qua non per mettersi al tavolo. Anche la giornata di ieri è trascorsa con contatti che si sono stoppati al momento di mettere sul tavolo la garanzia da seicentomila euro. Se questa non dovesse mai arrivare e dunque la Pro Patria non cambiasse proprietà, si annuncia una stagione di grandissima sofferenza. Non esiste alternativa.
E mette un po’ di nostalgia, mista a rabbia, vedere sul sito della Reggiana l’allenatore Alberto Colombo, il preparatore atletico Carlo Simonelli, quello dei portieri Claudio Rapaccioli oltre ai giocatori Feola, Messina, Andreoni (destinato al Varese), De Biasi, Mignanelli, Giannone (Varese o Bologna), Bruccini, Siega ed i giovanissimi Moretti e Vernocchi. Formeranno l’ossatura della Reggiana, formazione che parte con ambizioni. Sono giocatori che si sono formati alla Pro Patria e con quella maglia avrebbero potuto dare soddisfazioni.
Calzi e Polverini sono finiti sulle due sponde opposte del Bacchiglione (fiume che attraversa Vicenza), il primo con la maglia dell’ex Lanerossi ed il secondo con quella del Real Vicenza. È rimasto solo capitan Serafini a presidiare il prato dello Speroni in attesa che si riempia di altri tigrotti. Di sicuro qualcuno arriverà, ma c’è un po’ di mestizia e non certo per responsabilità di chi ha messo nuovamente la propria garanzia personale per la Pro Patria.
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