L’ultimo giorno dei Mondiali varesini ci regala le tre fotografie che vorremmo serbare nella memoria di questa festa colossale del remo.
Normalmente le immagini non hanno parole, queste sì. E parlano della gioia, quella sfrenata che ti fa sbattere delle regole e dei protocolli e sgorga impetuosa da dentro le viscere; parlano di solidarietà, quella che non conosce colori se non il rosso del cuore; parlano di responsabilità ed abnegazione, da donare per il puro piacere di sentirsi parte di qualcosa di grande.
Primo scatto: sono le 11.30 del mattino e sulle tribune gremite (tutto esaurito con 1.700 spettatori seduti) si trepida davanti alle bagarre per le medaglie.
Arriva per primo il singolo di coppia pesi leggeri ed è vinto da una giovane atleta olandese: nel tripudio dei tifosi orange, una ragazza si toglie maglietta e pantaloncini e si tuffa nel lago in barba al divieto di balneazione, raggiungendo a nuoto la sua beniamina per un commovente abbraccio barca-acqua.
I rimbrotti dello staff al suo ritorno a terra non cancellano la bellezza intrinseca del fuori programma: l’invasione di campo della bella “tulipana” è salutata dall’applauso di tutta la gradinata.
Secondo scatto: in mezzo al lago sta per partire la finale del quattro di coppia maschile.
Giovanni Calabrese, il signore supremo delle partenze di questo Mondiale, sta come sempre vigilando con i suoi uomini la regolarità dello start.
C’è qualcosa che non va: nella barca ucraina si è rotto un punta-piedi e manca davvero poco al via. La gara della vita rischia di diventare un incubo ancora prima di mettere i remi in acqua, una beffa per questi ragazzi dell’est.
Ci pensa Giovanni a riportare il sereno: raggiunge lo scafo e mette a posto il prezioso congegno.
Può una vicenda del genere non avere un lieto fine? No che non può: duemila metri più tardi sarà argento Ucraina.
Terzo scatto: i piedi del podio, concluse le gare e la breve cerimonia di chiusura, si tingono di bianco e di rosso, le tonalità dei volontari. Non possono essere tutti presenti, c’è chi ancora è in giro per la Schiranna a svolgere il proprio lavoro.
Ma questa nutrita rappresentanza di giovani messi in posa per una foto di gruppo è incoronata dal pubblico: sono loro i veri vincitori dei World Rowing Under 23 Championship. Senza anche solo una di queste verdi promesse della vita, la rassegna iridata sarebbe stata una Babele senza capo né coda.
La domenica mondiale è nei numeri e nei metalli preziosi.
Scritto dei 1.700 spettatori sulle tribune, il lido in generale si è riempito di almeno 7.000 presenze, tra gente venuta semplicemente a curiosare (finalmente anche tanti varesini), tifosi di ogni nazionalità e appassionati che hanno cercato ogni pertugio disponibile con vista sul bacino.
Come sabato, anche ieri il clou ha navigato sull’acqua. E dato tante soddisfazione azzurre: quella di un giovane torinese chiamato Francesco Pegoraro, che si beve di un fiato gli ultimi 300 metri per un bronzo che vale persino di più; l’argento emozionante di Sara Magnaghi ed il suo pugno al cielo appena tagliato il traguardo; il terzo posto del quattro senza pesi leggeri, barca campione in carica che lotta risalendo dal quinto posto al podio; la medaglia più bella, l’oro di Giuseppe Vicino e Matteo Lodo nel due senza, con la voglia di vincere disegnata persino sui capelli di Giuseppe sotto forma di un tricolore che nessuno shampoo potrà lavare via.
Lo spettacolo dura perfino troppo poco: alle 15 la bandiera della Federazione Internazionale viene ammainata, andrà a Plovdiv, Bulgaria, sede dei prossimi Mondiali. Se è vero che i sogni hanno sempre una fine, nessun risveglio può cancellare le parole di Jean-Christophe Roland – presidente della Fisa – che incoronano Varese: «I ringraziamenti da fare sono tanti: agli atleti, agli spettatori, agli addetti ai lavori. Uno speciale va a chi ha reso possibile questo splendido Mondiale: il Comitato Organizzatore e i volontari. È stato un successo. Grazie Varese: torneremo presto».
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