Patetici. Provinciali. Ottusi. Fanfaroni. Vuoti. Mentre la Francia s’inchina a un italiano, l’Italia s’inchina a un povero relitto che avrebbe bisogno soltanto di pace e silenzio.
Di là dalle Alpi milioni di persone si stringono al miglior portabandiera italiano sulla faccia del pianeta da molti anni a oggi mentre noi, al di qua, celebriamo la disfatta più clamorosa dell’italianità: un carico di vite affondato per colpa di uno scellerato inchino. “Dantesque” titola l’Equipe per immortalare l’impresa da divina commedia dello squalo siciliano gentile mentre l’Italia imbastisce uno squallido show multimediale con dirette satellitari sul trasporto di una nave fantasma che avrebbe dovuto essere lasciata alla magistratura, ai posteri, alla storia peggiore del paese. Meno Concordia e più Place de la Concorde.
Premier e ministri aspettano riuniti a Genova il simbolo della vergogna invece di essere sugli Champs-Élysées dove arriva in bicicletta il monumento dell’orgoglio. Siamo fatti così: cerchiamo ed esaltiamo il peggio anche quando abbiamo davanti agli occhi il meglio. Trasformiamo in un’impresa nazionale un atto dovuto come quello di disincagliare, trasportare e terminare nell’oblio i resti d’una tragica storia (le vittime si onorano senza fare cinema, senza parate funebri esibite ma nell’intimità e nel pudore, ancorché solenni), e riduciamo quasi a un fatto dovuto, un fazzoletto giallo nascosto nel taschino, l’immensità di un italiano re di Parigi.
Per fortuna c’è la Francia a pensare a Nibali perché noi, come sempre, non meritiamo nessuna grande impresa di nessun grande italiano. Noi saliamo in ritardo sul carro dello Squalo, come tanti squali di periferia, ma saremo pronti a scendere alla prima sbandata. Guardate Pantani: prima fiori e marce trionfali, poi pietre e croci senza mai un gesto d’aiuto nelle difficoltà della vita. Siamo fatti così: vinciamo assieme ma a perdere è soltanto uno.
Stavolta, invece, no: Nibali vince da solo, senza Italia e senza tifosi (avete visto degli italiani, a parte un pugno di giornalisti sognatori, sulle strade di Francia?), e nessuno osi mettergli il cappello. O a fargli un inchino: andrebbe a sbattere.
© riproduzione riservata