«Il depistaggio della scena del crimine è il filo conduttore dei tre delitti».
Lo sostiene , criminologa, milanese ma originaria di Gazzada Schianno, che segue fin dall’inizio le vicende di: il killer delle mani mozzate rientra già nel 2010 nella sua tesi di laurea in criminologia all’università di Forlì, dedicata all’evoluzione dell’omicidio nelle serie tv prendendo in considerazione lo spettatore omicida.
Brondoni prende in considerazione quello che negli Stati Uniti viene chiamato «Csi effect», ovvero la tendenza a prendere spunto dai propri serial preferiti quando si mettono in pratica dei delitti. «E Piccolomo prima di essere accusato dell’omicidio di era conosciuto, oltre che come un violento, anche come fan di Csi, Criminal Minds e un sacco di altre serie tv del genere crime».
Come già , anche Cristina Brondoni ritiene compatibili i tre delitti: Piccolomo, che è già un pluriomicida, «potrebbe essere un serial killer. Seppur atipico». Vediamo perché. «I tre delitti, diversi nell’esecuzione, presentano punti in comune – sostiene la criminologa varesina – uno su tutti, lo staging, vale a dire il depistaggio della scena del crimine». Passiamole in rassegna, allora. «Quella di – spiega Brondoni – presentava una quantità di reperti non indifferente, tra siringhe usate e fazzoletti di carta, troppi anche per una zona abitualmente frequentata da tossici e prostitute».
«Il corpo era coperto da cartoni, per qualcuno un segnale di vergogna, ma più probabilmente la volontà di occultare il cadavere in modo da rallentarne il rinvenimento, anche perché il corpo non “guardava” l’assassino. All’epoca poi, a casa Macchi, arrivò anche una lettera anonima. Forse un altro modo di sviare l’indagine».
Lo “staging”, secondo Cristina Brondoni, sarebbe rintracciabile anche nel caso dello «strano “incidente”» capitato alla moglie di Piccolomo, , morta carbonizzata nell’auto in fiamme da cui il marito era uscito indenne. «Parlando con le sue figlie, mi è rimasto impresso il racconto di lui, della madre che batteva sul vetro dell’auto per cercare di uscire».
E qui sembra che Piccolomo si vanti del delitto commesso, come aveva fatto ampiamente per quello che riteneva il «delitto perfetto» commesso ai danni di Carla Molinari e come faceva mimando le coltellate alle figlie piccole per il delitto di Lidia Macchi. Un altro tratto che ritorna. Tornando alla morte della moglie di Piccolomo, per Cristina Brondoni «la scena pare uscita da un film o da un libro. Ad esempio il romanzo “Il Partner” di , dove nelle prime pagine viene descritta una scena molto simile». In cui il personaggio del romanzo prima del rogo letale fa il pieno all’auto e riempie una tanichetta di benzina «che non lascia tracce».
Ma è «la scena del crimine a casa di Carla Molinari quella in cui lo staging è arrivato all’apice», sostiene la criminologa, «i mozziconi presi nel centro commerciale prima di arrivare a casa di lei. La premeditazione è piuttosto evidente. E anche l’idea di sviare le indagini lo è. Il mozzare le mani, invece, è stato conseguente».
Entrambi gli elementi (i mozziconi e le mani mozzati per impedire di recuperare il Dna sotto le unghie), tra l’altro, si ritrovano in due episodi di “Csi: scena del crimine”.
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