«Il nostro è un lavoro come un altro. Basta nascondere la testa sotto la sabbia: va regolamentato». Si continua a discutere di un referendum per la parziale abrogazione della legge Merlin e, quindi, di regolamentare il mestiere più vecchio del mondo.
Questa volta a prendere la parola sono le prostitute d’appartamento, le dirette destinatarie di questo eventuale provvedimento.
Così le prostitute varesine, dopo aver assistito a dibattiti da parte di politici e associazioni che si occupano del fenomeno della prostituzione, intendono dire la loro e uscire allo scoperto. è una signora italiana (sono poche le nostre connazionali ma non sono introvabili) di 45 anni ed esercita la professione nel suo appartamento di Varese.
Quello di prostituirsi è però per lei un secondo lavoro; quello legale la vede nella veste di dipendente: si può dire che, con il meretricio, cerchi di arrotondare. Risponde pronta e preparata sull’attualità dell’argomento: «Io sarei favorevolissima. Sarebbe ora che lo Stato italiano riconoscesse la prostituzione come un lavoro normale, da regolamentare e legalizzare. Giusto anche che ci facciano pagare le tasse: c’è chi guadagna davvero molto, totalmente in nero».
Valentina ha addirittura chiesto di poter aprire la partita Iva: le hanno ovviamente risposto che non è possibile, ma il futuro in un contesto di legalità potrebbe essere questo. «Non tutte le ragazze sono sfruttate. Nella prostituzione d’appartamento il fenomeno è molto più circoscritto: vogliamo avere la possibilità di diventare imprenditrici di noi stesse».
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