69-82
(26-24, 39-42, 59-67)
Nessun rimorso, nessun rimpianto. La stagione di Varese finisce nella serata più attesa, trascinandosi dietro i sogni di una città intera che si infrangono contro l’immagine più brutta. Nessun rimorso, nessun rimpianto. Nemmeno per quello che resterà il rammarico più grande: quel Bryant Dunston costretto in tribuna da un maledetto infortunio che ha privato Vitucci del suo giocatore più unico e insostituibile. Nessun rimorso, nessun rimpianto. Fermiamoci a quell’applauso interminabile che ha salutato una squadra indimenticabile, che resterà per sempre nel cuore di chi ha avuto la fortuna di vederla e amarla. Finisce con Dusan Sakota che dopo aver sfogato la sua rabbia e la sua frustrazione contro gli arbitri si rintana davanti agli spogliatoi: e sdraiato per terra piange come un bambino.
Difficile riordinare le idee, dopo una serata che tutti sognavano diversa. Difficile trovare le forze per alzare la testa: perché quando un sogno crolla non lo fa in silenzio, non lo fa senza fare male. Noi ci proviamo, e diciamo la cosa che crediamo più vera: finisce qui, ma non finisce qui. Perché quella sensazione di incompiuta rimasta nel cuore di tutti non può che essere un punto di partenza: per tornare qui e riprovarci, tra un anno, con queste sette partite nel carniere a fare da esperienza. Quattordici anni fa si vinceva uno scudetto e mentre si festeggiava c’era la tristezza per un gruppo che si sarebbe sgretolato. Oggi si è persa una semifinale e mentre si piange c’è la certezza che comunque si è aperto un ciclo.
Fin da subito si capisce che per andare in finale servirà un’impresa storica: Dunston, faccia triste, se ne sta inscatolato sul fondo della panchina con addosso la tuta. Una disdetta: arrivare a giocarsi la storia con il tuo giocatore più forte costretto alla tribuna dal primo infortunio di una stagione perfetta. Si spera nel cuore, si spera nel pubblico, si spera nel fattore campo: ma allo stesso tempo si sa che i tifosi non fanno canestro. Varese c’è finché reggono le gambe e gli attributi: aggredisce gli avversari (13-5 con Talts a 7’ dalla prima sirena) ma i rimbalzi offensivi e Moss tengono su Siena (18-18). Il vantaggio di Varese vola fino al 36-28 (4’22’’ dall’intervallo) ma Siena in un amen si fa sotto )36-35 a 3’04’’) e poi vola avanti sulla sirena (39-42).
Poi, pian piano, Varese si spegne come una candela: Moss non sbaglia nulla (41-49 a 8’20’’), la Cimberio si aggrappa alla partita con i denti (Ivanov 57-60 a 2’50’’) ma poi la Montepaschi se ne va. Gli ultimi scampoli di speranza arrivano quando mancano 5 minuti, con Sakota che infila la bomba del 65-68: ma Varese non ne ha davvero più. Hackett è strepitoso nel chiudere la partita (67-75), poi un paio di fischiacci fanno arrabbiare il pubblico che sfoga la sua delusione nel modo peggiore. Finisce così: con il giro di campo più triste dell’anno, con le lacrime di tutti, con la voce tremante di Vitucci. Finisce, ma non finisce.
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