«Ai nuovi dico subito che la prima cosa, qui, è essere educati. Ci sono persone che lavorano per loro, dall’allenatore a quello che taglia l’erba, e quando i ragazzi arrivano al campo devono dire buongiorno».
Fabio Antoniniil nerazzurro della Solbiatese non l’hai mai indossato. Ala sinistra, al Chinetti è arrivato da avversario con la maglia del Borgomanero. Appese le scarpette al chiodo, ora nella squadra del suo paese è il responsabile del settore giovanile. E ha ben chiaro in testa che, prima del fuorigioco, i ragazzi devono imparare l’educazione.
«Un vero e proprio codice etico non ce l’abbiamo, però ci tenaimo a che i nostri ragazzi si comportino bene», spiega, «la nostra società ha più di cento anni, non ci piace che ne venga infangato il nome». Avendo a che fare con bambini e ragazzi, si cerca di tenere sotto controllo anche il rendimento scolastico. «Alcuni dei nostri allenatori chiedono di vedere la pagella».
E se i voti sono negativi? «Parliamo con i genitori, cercando una soluzione. A volte penalizzare i giovani è peggio, allora cerchiamo un compromesso: si allenano in settimana, ma la domenica non giocano». Sono due le sessioni settimanali per primi calci e pulcini, ma già dagli esordienti salgono a tre: in totale sono più di 230 i giovani atleti che vestono la maglia nerazzurra, sognando la Serie A. Certo, non tutti ce la faranno. E questo, prima che ai ragazzi, bisogna spiegarlo ai genitori.
«Anche se fossi convinto di avere qui il nuovo Cristiano Ronaldo, di sicuro non lo direi a mamma e papà: a volte sanno essere deleteri», spiega Antonini. Al punto che ci sono ragazzi che, dopo una giocata, «non guardano l’allenatore, ma cercano i genitori in tribuna».E questo non va bene: entrando al Chinetti, superato il parcheggio c’è un cancello. «Da lì entrano solo i ragazzi», spiega il direttore sportivo, «vogliamo creare una separazione». Evitare, insomma, che siano le mamme e soprattutto i papà a montare la testa dei loro figli.
Eppure qualcuno che dalla Solbiatese spicca il volo c’è. «L’ultimo che abbiamo dato via è Filippo Boni, che oggi gioca nella primavera del Verona». Classe ’95, «qui da noi giocava come esterno sinistro, ma io ho sempre pensato che dovesse fare il difensore centrale». Ruolo che, puntualmente, sta ricoprendo con la maglia dell’Hellas. In primavera, però. Per i giovani, in Italia, è sempre più difficile arrivare in prima squadra.
«Di recente ho visto un torneo con le giovanili di Juve, Atalanta, Barça e Real: i nostri ragazzi erano fisicamente preparatissimi, ma quelli spagnoli erano tecnicamente più forti». È sulla tecnica, sostiene Antonini, che bisogna puntare per permettere ai calciatori di domani di emergere. Del resto, come cantava De Gregori, «il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette».
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