Ciò che si sperava fino alla fine non fosse confermato è invece avvenuto davvero: lo scambio di embrioni all’ospedale Pertini «c’è stato» dicono gli esami del Dna, e ha coinvolto due delle cinque coppie che in questi giorni sono state al centro dell’inquietante caso che ha smosso coscienze e creato un vero e proprio terremoto nella vita di alcune famiglie e nel mondo della fecondazione assistita. Colpa di due cognomi simili.
Il risultato è che una donna porta in grembo due gemelli non suoi, figli biologici della seconda coppia, in cui invece gli embrioni, anche questi scambiati, non avrebbero attecchito. Ma quest’ultima coppia non è quella che ha sporto denuncia. A confermarlo è stato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, dopo un ricorrersi di notizie alla luce dei risultati della indagine della commissione della Regione Lazio e degli ispettori del ministero. «Gli ultimi riscontri dimostrano – ha fatto sapere il ministro – l’ipotesi sollevata fin dall’inizio dall’ispezione ministeriale: si tratta di uno scambio tra due sole coppie, per un errore umano provocato dalla quasi omonimia dei cognomi di due pazienti e dalla insufficiente qualità delle procedure di sicurezza e tracciabilità».
«Che si tratti di uno scambio limitato alle due coppie – ha detto Lorenzin – è stato confermato dagli esami del Dna. Gli ispettori del ministero e del Centro nazionale trapianti, inviati dal ministro della Salute e coordinati dal direttore del Cnt, hanno indicato come aggiornare procedure e standard di sicurezza. Il loro compito è per il momento terminato.
Riprenderà tra circa 20 giorni quando si tratterà di verificare se tutto è stato ricondotto a norma per poter dare il permesso al ripristino dell’attività. Nel frattempo il ministero si aspetta che la Regione acceleri il percorso di accreditamento e certificazione dei centri regionali. Restano ancora moltissime incognite su cosa potrà succedere ora e cioè su cosa vogliono e possono fare tutte le persone coinvolte. A partire dalla donna che è rimasta incinta e che potrebbe decidere di abortire, tenere i bambini o lasciarli alla coppia che ne ha «proprietà» genetica. «Alle due coppie coinvolte – commenta il direttore generale della Asl Roma B, Vitaliano De Salazar – va tutta la nostra sincera solidarietà».
La direzione dell’Azienda Asl Roma B, per quanto riguarda gli aspetti organizzativi, «e di concerto con la Commissione interistituzionale» chiamata a far luce sulla vicenda, ha provveduto alla nomina di un nuovo responsabile della struttura della Procreazione medicalmente assistita, Emilio Pittarelli. «Ho chiesto alle Asl, e in particolare alla Asl Roma B e al Pertini di predisporre prima del riavvio dei nuovi accessi, ulteriori e più stringenti procedure e protocolli per aumentare gli standard di sicurezza», ha assicurato il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti. I risultati delle analisi del Dna saranno acquisiti dalla Procura di Roma che sulla vicenda ha aperto un fascicolo processuale per il momento senza ipotesi di reato e senza indagati.
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