Dall’incubo alla gioia, dalla gioia all’incubo e, infine, dall’incubo alla gioia: è la storia del Varese. Alla fine tutta questa sofferenza servirà alla vittoria più bella: resteranno in piedi, in mezzo a una salvezza ancora più difficile della precedente, che sembrava già impossibile, solo le persone che più hanno creduto e voluto. Quelle pronte a spogliarsi di tutto, e a sfidare le pietre, pur di non vedere morire questa squadretta di eterni corsari e pirati.
La giornata più lunga e la domanda più breve: il Varese ce la fa? Non possiamo dirvelo perché una corsa si vince tagliando il traguardo e manca ancora qualche metro. Ma quando Pantani scattava, com’è accaduto ieri nella sede Ubi di Saronno, come un piccolo Mortirolo biancorosso, il finale era scontato.
Varese ieri ha dimostrato che non è una città di serie B, ma di A, e con una sparata sull’ultima salita, com’è nell’indole di questa società-città che ha sempre dato il meglio quando il peggio era già stato scritto, è partita (non da sola) verso il traguardo.
Non da sola perché alcuni tifosi ci hanno addirittura spedito un quadrifoglio portafortuna in redazione, altri hanno aspettato davanti alle edicole l’uscita del giornale dall’alba perché non riuscivano più a dormire, e altri ancora hanno dormito in sede come il direttore Giuseppe D’Aniello, una persona davvero splendida e speciale per come si è immolata gratuitamente nell’impresa: il Varese non poteva morire così, sconfitto a tavolino e non da un avversario più forte e onorevole sul campo. E così tutta questa gente s’è messa a tifare e ad aspettare ai bordi della salita l’arrivo del suo Pantani biancorosso, stringendosi a Laurenza nel momento in cui è rimasto sul carro da solo, al di là del bene e del male, mettendo sul piatto anima, cuore e perfino la vita.
Non da sola perché per convincere Ubi Banca a dare un primo ok di massima all’iscrizione, dopo alcuni incontri da ko per il presidente biancorosso, serviva un segnale che è arrivato: Laurenza non era più solo nel chiedere di aprire una linea di credito (a Brescia, per esempio, si sono presentati in otto imprenditori con il capo degli industriali), ma dava voce a una comunità ed esibiva il volto di una città e di un intero territorio.
Laurenza fino a ieri era “solo” il sindaco del Varese, ma quando accanto a lui si è presentato in banca anche il sindaco di Varese, Attilio Fontana, è stato chiaro a tutti che città e squadra erano la stessa cosa. A un solo varesino su una provincia di 880mila abitanti magari si sarebbe potuto sbattere la porta in faccia, ma non a tutti i varesini rappresentati dal loro rappresentante più alto. È lì, alle 11 di giovedì 10 luglio, che il Varese ha iniziato a vincere la sua battaglia più grande. A lanciarsi verso il traguardo dopo essere rimasto quasi in fondo al gruppo.
Manca ancora qualche metro prima di ricominciare a parlare di calcio, e di rifondare il club con innesti e organigramma snello, e verrà percorso nel momento in cui arriverà la delibera di Ubi (oggi o lunedì) che avrà ratificato nero su bianco l’assenso di massima ricevuto da Laurenza e Fontana («Sono moderatamente ottimista»), e da due persone favolose e fenomenali che li hanno accompagnati ieri e che a cose fatte sveleremo.
Prima che Pantani scattasse e andasse a vincere, lo leggevi sulle facce dei compagni e dei suoi direttori. Prima che il Varese vincesse ogni partita, lo leggi negli occhi e nella voce di chi gli sta vicino, non dormendo mai per paura che succeda qualcosa di brutto. E gli occhi di gente come Giancarlo Giorgetti (papà Natale sarebbe orgoglioso di quanto hai fatto per il tuo Varese), Tiziano Masini e Giorgio Scapini ieri erano diversi, velati d’una luce nuova e dalla speranza, dopo giorni di pioggia e buio. Che l’iscrizione stia arrivando non possiamo giurarvelo, ma vi promettiamo d’averlo intuito in chi vede sempre le cose un attimo prima che avvengano.
Alla banca il Varese chiedeva 800mila euro di fidejussione e 700mila di prestito-ponte per il pagamento dell’Irpef arretrata, cioè i due tasselli da riempire entro le 19 di martedì per essere ai nastri di partenza del campionato, pur con un -3 in classifica. Per sbloccare il milione e 500mila euro Ubi chiedeva garanzie liquide certe, cioè soldi più che beni immobili: le entrate di Pavoletti e Lazaar, soprattutto la seconda, che s’aggirano sul milione complessivo, alla fine avrebbero fatto la differenza. Oltre alla garanzia di quel “terzo” che forse non conosceremo mai, o forse sì.
Aspettiamo di tagliare il traguardo, pronti a lanciare D’Aniello (che andrebbe anche a piedi) a Roma dove dovrà consegnare l’originale della fidejussione, come lanciammo dieci anni fa Caccianiga in moto a Milano con la domanda d’iscrizione al campionato d’Eccellenza, giunta all’ultimo secondo.
Noi siamo fatti così: con la forza degli ultimi, come quella che arriva dal basso e dai tifosi, tocchiamo sempre il cielo.
ANDREA CONFALONIERI
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