Ritirato il masterplan di Malpensa: proprio così. Formalmente lo ritira Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile, ma è ovviamente Sea a ritenere che siano cambiate le condizioni esterne per poter condurre in porto investimenti da 1,3 miliardi di euro che, a quanto pare, non sono considerati più possibili. Tutto da rifare. Lo sviluppo di Malpensa si ferma.
La società di gestione aeroportuale dovrà provvedere a un altro masterplan, documento d’obbligo per ogni aeroporto anche in virtù del contratto di programma con Enac per stabilire le tariffe aeroportuali, ossia quanto devono pagare le compagnie aeree per usufruire di quel determinato scalo. Tariffe che possono aumentare a fronte di investimenti effettuati dal gestore.
Il nuovo piano industriale sarà, molto probabilmente, più circostanziato, da adattare a esigenze mutate nel frattempo. Siamo, infatti, ben lontani da quando si diceva che nel 2014 sarebbe stata realizzata la terza pista e nel 2020 ci sarebbe stato un nuovo terminal in mezzo alle piste. Il masterplan per traghettare lo scalo della brughiera a 50milioni di passeggeri e 1,4 milioni di tonnellate di merci all’anno dovrà aspettare: anzi, forse non sarà neanche mai realizzato.
Nel documento, approvato da Regione Lombardia, ma non dalla commissione valutazione d’impatto ambientale del ministero dell’Ambiente, c’erano diversi progetti: tra questi la terza pista e un parco logistico da 4 milioni di metri quadrati di area demaniale, con una stazione ferroviaria per la movimentazione delle merci. Intenzioni che verranno cestinate.
«Credo che la sentenza della Cassazione, con la condanna definitiva del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture che dovrà risarcire con 8 milioni di euro per disastro ambientale, abbia pesato sul ritiro del masterplan», commenta , sindaco di Arsago Seprio, Comune del Cuv.
La Cassazione ha, infatti, riconosciuto il disastro ambientale, ecologico e acustico, causato dal sorvolo a bassa quota degli aerei in decollo da Malpensa su una vasta area di oltre 400 ettari, la cosiddetta Brughiera del Dosso, tra Somma Lombardo e Vizzola Ticino.
Si afferma così il principio che un’opera pubblica può dare origine a emissioni dannose permanenti e, in quanto tali, indennizzabili. Un principio che non potrà che indurre a una maggiore attenzione nell’approvazione di piani aeroportuali di sviluppo, soprattutto se ricadono in aree naturali protette.
«Occorre un ridimensionamento delle mire espansionistiche di Malpensa e una programmazione sul futuro di questo aeroporto», chiude Montagnoli. Ma lo scenario si fa sempre più fosco.
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