La disoccupazione schizza, si riduce il Pil. E allora i varesini tagliano le spese non necessarie e mettono in banca tutto quello che riescono a risparmiare. Così la provincia di Varese sta reagendo alla crisi.
A dirlo è il Sole 24 Ore, quotidiano di Confindustria . Nella classifica pubblicata ieri viene spiegato come le provincie italiane abbiano reagito alla congiuntura economica negativa che dura ormai dal 2008. Varese si piazza al 33esimo posto, terza in Lombardia dopo Bergamo e Brescia, segno che anche da queste parti la crisi ha colpito duro.
Per capirlo meglio basta guardare ai singoli indicatori: da un lato c’è il Pil pro capite, che dal 2007 al 2013 è passato da 26.555 euro a 24.710 euro. Dall’altro il tasso di disoccupazione, letteralmente esploso dal 2,85% di prima della crisi all’8,57% dello scorso anno.
«È vero che la quota di chi è senza lavoro è più che raddoppiata, ma è comunque poco più della metà della media italiana, oggi al 14%», sottolinea il commissario della Provincia di Varese . Ora, non si tratta di fare una gara con il resto d’Italia, ma di misurare un fenomeno.
«Noi non abbiamo un’economia assistita, come Reggio Calabria dove il 75% delle persone lavorano in modo diretto o indiretto per lo Stato», spiega il numero uno di Villa Recalcati, «le nostre imprese stanno sul mercato e se non ce la fanno chiudono».
Oppure vanno in Svizzera. Sì, la delocalizzazione delle aziende e dei relativi posti di lavoro è un altro degli elementi da tenere in considerazione quando si parla di disoccupazione nel Varesotto. «Facciamo conto che dall’inizio della crisi il numero dei frontalieri è aumentato di 15mila unità: una parte di quelli che non lavorano più a Varese lo fanno oltreconfine». E quindi il dato dei senza lavoro andrebbe ridimensionato.
Ma non sono solo questi i numeri che dicono quanto sia in difficoltà il Varesotto. Impressiona il numero di immatricolazioni di auto nuove: furono quasi 40mila nel 2007, hanno superato di poco le 21mila l’anno passato. Anche la spesa in mobili, elettrodomestici e informatica segna un -18%: dai 1.224 euro per famiglia dal 2008 ai 1.005 del 2013.
Seppure di poco, persino la spesa per i farmaci è calata: dai 435,30 euro del 2009 ai 420,70 dello scorso anno.
Si spende di meno, dunque, ma si spreca anche meno. Dal 2007 al 2012 la produzione di rifiuti è scesa di oltre il 10%, passando da 551,8 chilogrammi a persona l’anno a 495,3. E questo, tra tutti gli indicatori considerati dal Sole, è forse l’unico positivo.
Il dato che emerge è che i varesini spendono sempre meno, tirando la cinghia sui beni voluttuari. Specie quando c’è da chiedere un prestito per acquistarli: dal 2008 al 2013 l’esposizione con banche e finanziarie è passata da 13.124 a 10.979 euro a testa. Il fatto è che da queste parti i soldi si preferisce lasciarli in banca: dal 2007 al 2013 i depositi negli istituti di credito sono saliti da 12 a 19mila euro pro capite.
«È un dato che non sorprende, i varesotti per definizione sono attenti e prudenti», commenta Galli, «certamente non accendono un mutuo per andare in vacanza o per acquistare un’auto più grossa».
Il commissario spiega le difficoltà come «un tributo che questo territorio paga all’essere in Italia. Fossimo in Svizzera, la crisi non l’avremmo nemmeno sentita».
Intanto i varesini fanno fronte alle difficoltà come hanno fatto sempre: «siamo un popolo di formiche, non di cicale».
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