In maniche di camicia – il caldo ha dismesso le giacche di ordinanza – hanno le facce tirate, i costruttori di Varese. Nelle pause dell’assemblea di Ance che si è tenuta ieri sera si capisce che vorrebbero credere ai numeri pur positivi che vengono snocciolati, ma ti raccontano di veri e propri muri da abbattere tutti i giorni, che aggravano la crisi.
Una crisi, quella economica che si è abbattuta sul settore, che ha dimezzato in pochi anni gli iscritti alla cassa edile provinciale. Sono 5.200 circa, oggi, i dipendenti di questi imprenditori. Erano diecimila nel 2009.
Ci sono poi le banche, descritte da qualcuno come vere e proprie entità di persecuzione.
Ma non è nemmeno questa, oggi, l’urgenza. Chiedono a gran voce una vera inversione di marcia della burocrazia. Raccontano di risposte che mancano, anche quando l’oggetto è solo un parere preventivo per due palazzine: tre mesi e ancora qualche funzionario non ha esaminato la pratica. Va meglio a Varese, o nei Comuni più organizzati. La situazione peggiore, racconta il presidente di Ance Orlando Saibene, «è a Milano e nei Comuni più piccoli, dove mi è capitato di attendere ben cinque anni per avere l’approvazione di un piano di recupero. Poi, era troppo tardi: la crisi mordeva, ho ridimensionato il progetto».
Per fare arrabbiare un costruttore, basta accennare alla cementificazione. «Ci vedono come mangiatori di territorio», dice Gianni Bollazzi, uno di loro, «ma forse non è chiaro quanto sia impossibile riqualificare, quanti vincoli e costi impediscano il lavoro».
La relazione del presidente, pur velatamente, tira una stoccata ai Piani di governo del territorio (Pgt), visti in sostanza come un tentacolo dell’apparato burocratico. Chiede una tassazione su misura per riqualificare le aree dismesse, basta con gli oneri aggiuntivi.
«La casa», afferma poi, «è stata usata dal Governo come un bancomat, per colpa delle tasse che pesano sui cittadini, ormai triplicate. Serve anche allentare i vincoli di bilancio sugli investimenti». Dello stesso parere Attilio Fontana, presente all’assemblea di ieri, che però rispedisce al mittente le accuse sui Pgt. Il sindaco di Varese ricorda come da sempre si batta per allentare i patti di stabilità – «pure noi soffriamo dei limiti di spesa e della burocrazia: ci tocca aspettare anche un anno e mezzo per vedere realizzato un progetto pubblico» – ma ribatte anche che «i Pgt sono un falso problema, perché sono dovuti al rispetto della legge: oggi anche queste imprese devono cambiare il modo di investire e di andare incontro alla domanda».
È su questo cambio di mentalità che punta Lorenzo Bellicini, direttore dell’Osservatorio di settore Cresme. Le sue slide proiettate raccontano di segnali positivi e di opportunità da cogliere. «Il mondo è cambiato», spiega, «e il futuro probabilmente parlerà la lingua della rigenerazione urbana, con le nuove tecnologie». «Bisogna ricominciare a crederci fino in fondo», continua, «e integrare nei processi innovativi le piccole e medie imprese, fessibili e creative, ad esempio». L’assemblea di ieri segna anche la fine del mandato di Gianpietro Ghiringhelli, storico direttore di Ance, che passa le consegne a Juri Franzosi, già direttore della Compagnia delle Opere. Un intervento, nel corso della parte privata dell’assemblea, si dispiace di questo cambiamento.
«Non sarebbe stata forse migliore una scelta interna?», chiede il costruttore all’assemblea. Qualche malumore lo raccogliamo anche sottovoce, a margine. «Risponderò, senza presunzione, con il mio lavoro», ribatte però Franzosi: «Anche io sono qui per costruire».
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