Ostaggi all’estero Imputate in patria

Un buon tacer non fu mai scritto, figurarsi se fu twittato o postato su Facebook. Nella dolorosa e delicata vicenda di Greta e Vanessa, le due ventenni rapite in Siria, quel silenzio che il buon senso imporrebbe, la Farnesina auspica e le famiglie richiedono è meno di un miraggio estivo.

Anzi, il dramma di due ragazzine ostaggio di non si sa chi in quello che è attualmente il posto più pericoloso al mondo è diventato un tormentone agostano su cui ingaggiare accaniti dibattiti da ombrellone: coraggiose o sventate, consapevoli o plagiate, eroine o cretine? Dite la vostra, commentate, condividete. Che importa se, nel frattempo, delle sorti delle volontarie non si sa niente, se diplomazia e servizi segreti incespicano su un terreno quanto mai farraginoso, se sulle modalità del sequestro poco si sa e ancor meno si può dire.

Chiunque abbia un’opinione, fondata o meno, deve esprimerla come da imperativo categorico dei tempi moderni: anche a vanvera, purché se ne parli. E così nei giorni scorsi, mentre i cronisti mettevano in fila poche notizie frammentarie sul rapimento, gli opinionisti avevano già buttato giù lenzuolate e formato le opposte fazioni: di qua quelli che bisogna rispettare l’idealismo dei vent’anni, magari noi gretti vegliardi ne avessimo conservato anche solo un’oncia; di là quelli che a vent’anni i colpi di testa si fanno sotto casa e non in Siria, che almeno poi non ti devono venire a riprendere con l’esercito.

Dal simposio sociopedagogico al bar Sport il passo è breve e per varcarlo è sufficiente la più che infelice sparata di Stefano Clerici (a cui il titolo di assessore all’Ambiente in quel di Varese non dovrebbe, almeno in teoria, garantire particolari entrature nei servizi segreti, ma tant’è).

L’altro ieri, con le valige per il mare già belle e pronte, Clerici sente il bisogno di dire la sua, apre Facebook e dichiara candido che Greta e Vanessa «sono partite per farsi i selfie con i ribelli» e che il riscatto dovrebbero pagarlo non i contribuenti, ma i genitori delle ragazze «ancora più sprovveduti di loro». Complice l’agostana moria di notizie, il post viene riportato dalla stampa tutta, letto e rimbalzato migliaia di volte e, quel che è peggio, dà la stura a uno tzunami di commenti: c’è chi critica Clerici e chi lo osanna, chi denigra Greta e Vanessa e chi le esalta e c’è, a sorpresa anche tra i lettori di supposto o dichiarato orientamento sinistrorso, una nutrita fazione secondo la quale il riscatto per la liberazione delle volontarie non dovrebbe essere pagato dallo Stato, quindi dai contribuenti.

Il fatto che, a quanto sembra e a ulteriore conferma della complessità della vicenda, al momento non sia stato chiesto alcun riscatto è un dettaglio: in Italia si discetta su chi deve o non deve pagarlo. E anche lo strettissimo riserbo della Farnesina conta ben poco: in Italia il popolo di Facebook ha già capito tutto e ci tiene a spiegarlo al resto del mondo.

Ci sarebbero poi queste due famiglie strette nella morsa di un’angoscia inimmaginabile, ma chissenefrega: in Italia milioni di genitori sono pronti a dire cos’avrebbero fatto loro se i propri figli avessero preferito Aleppo a Milano Marittima. Ostaggi in Siria e imputate in patria: questa la triste condizione di Greta e Vanessa. E nell’attesa che giunga la notizia del loro rilascio, per ora l’unica notizia è l’umana idiozia.

Laura Campiglio

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