Il referendum del 9 febbraio, contro l’immigrazione di massa, i frontalieri e la libera circolazione, si avvicina. E i promotori affilano le armi: contro i lavoratori del Varesotto, tornando alle offese e alle famigerate immagini dei topi.
Del resto, sembra proprio che al momento il modo più facile per guadagnare consensi elettorali in Ticino sia quello di prendersela con i frontalieri. E l’Udc svizzera, l’Unione democratica di centro sostenitrice a livello nazionale della consultazione, ha pensato di rispolverare la campagna «Bala i ratt». E insieme l’immagine dei topi frontalieri che vengono a rosicchiare il formaggio riservato agli svizzeri.
La nuova campagna, che riprende i temi di quella lanciata con grande successo in vista delle elezioni parlamentari del 2010, è stata presentata nelle scorse ore a Lugano dalla sezione ticinese del partito.
All’evento era presente anche una delegazione dell’Udc ginevrina, località in cui tutte le questione del frontalierato sono molto sentite. Poche le varianti rispetto all’analoga campagna che già negli anni scorsi aveva suscitato una serie di polemiche. Questa volta, però, l’accento viene messo sul fenomeno dei “padroncini”, quegli artigiani italiani della zona di frontiera presenti sul mercato ticinese. «Con i loro prezzi concorrenziali, e i vantaggi fiscali che godono non dovendo pagare l’Iva svizzera – è l’accusa – fanno la gioia dei ticinesi che mettono a posto la casa. Meno contenti sono gli artigiani locali, confrontati a una maggiore concorrenza».
Tutto insomma fa brodo e il pretesto anti italiano è servito. «È un aggiornamento della scorsa campagna – ha chiarito l’esponente dell’ Udc in Gran consiglio, –. Un’immagine forte, amata quanto odiata, che ha messo in evidenza il problema dei frontalieri. Ora tocca ai padroncini».
Padroncini che secondo il consigliere di Stato «si notificano, vengono su, fanno il lavoro e tornano a casa. È la dinamica del topolino: entra in casa, gratta un po’ di formaggio e se ne va. A me il frontalierato andava bene quando aveva un effetto complementare, ora l’effetto è sostitutivo». La campagna così si colloca appieno nel solco della propaganda in vista della consultazione popolare di domenica prossima, quando gli elettori svizzeri saranno chiamati a pronunciarsi su di una modifica della costituzione che introdurrebbe dei forti limiti alla possibilità per gli stranieri di lavorare in Svizzera. Con il rischio, quello di un successo della consultazione, che fa tremare tutta la fascia di confine.
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