Ristorni e disoccupazione Frontalieri sotto attacco

La Svizzera attacca i ristorni. L’Inps dimezza la disoccupazione dei frontalieri. Si sentono sotto tiro lungo il confine tra Varesotto e Canton Ticino. Perché più passa il tempo più cresce la preoccupazione sulle trattative fiscali tra Roma e Berna. Confronto necessario a raggiungere un’intesa fiscale che consenta di tassare i capitali esportati illegalmente nelle banche elvetiche e il nodo della tassazione dei frontalieri.

Perché non è un mistero che nel grande affare che porterebbe alla tassazione dei capitali italiani depositati oltre confine e ignoti al fisco italiano, il cui valore è stimato tra 120-150 miliardi di euro, il Canton Ticino spinga per inserire anche la drastica riduzione della quota ristorni.  Abbassandola sensibilmente dal 38,8% attuale fino al 12. Con il rischio concreto che i 50 milioni di euro dei ristorni (vedi 2011), possano perdersi nei miliardi da recuperare con la tassazione dei capitali detenuti in Svizzera. A totale discapito dei comuni di frontiera che sopravvivono proprio grazie a questi fondi.

Da qui l’incertezza. Alimentata dal grande silenzio intorno alle trattative. «I tempi sembrano allungarsi e noi siamo completamente tagliati fuori dalla discussione. Non è chiaro cosa succederà. Di sicuro ribadiamo che la quota del 38,8% dei ristorni è per noi imprescindibile – evidenzia il presidente della Comunità Montana del Piambello, Maria Sole De Medio – e l’auspicio è che il governo resti fermo su questa posizione».La strada, infatti, non sembra facile e veloce, al contrario di quello che si era pensato ad agosto.

Intanto sul fronte disoccupazione sono sul piede di guerra i sindacati italiani e svizzeri che tutelano i frontalieri. E con loro anche i sindaci di confine. Che annunciano «di essere pronti anche a proteste fortissime pur di veder salvaguardati i diritti dei loro concittadini». Ne sanno qualcosa gli oltre 700 frontalieri del Varesotto disoccupati. Che per effetto di una controversa scelta dell’Inps, in caso di perdita del posto di lavoro non si vedono più coperti dall’indennità

speciale, che prevedeva il pagamento del 50% dello stipendio svizzero per dodici mesi, ma da un emolumento ordinario, ovvero un massimo di 1300 euro per soli 8 mesi. Meno soldi per meno tempo. «E questo – tuona Giancarlo Bosisio, dell’Ocst Frontalieri e con lui i rappresentanti delle altre sigle sindacali, da un lato all’altro del confine – è inconcepibile. Tanto più che i soldi ai frontalieri sono garantiti da un fondo speciale, istituito presso l’Inps proprio in base alla legge 147 che è tuttora in vigore». Fondo che ammonta a circa 300 milioni, frutto proprio delle trattenute.

b.melazzini

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