«Vidi quei cadaveri all’Heysel Non ho vinto nessuna Coppa»

Bruno Limido, ex giocatore della Juventus, ci racconta quel maledetto 29 maggio 1985

– Bruno Limido, varesino venuto su nel settore giovanile biancorosso, nella stagione 1984/85 si era guadagnato la possibilità di fare il grande salto.

La chiamata della Juventus, la maglia bianconera. C’era anche lui, quella sera maledetta: in campo, negli spogliatoi, a viverla in prima persona e oggi a raccontarla. «Sono passati trent’anni ma il dolore non è passato, non se n’è andato. È stata una cosa troppo grande, una tragedia inaccettabile. Uomini, donne e bambini erano partiti per vedere una partita di pallone e sono tornati a casa in una bara».

Limido ci regala il punto di vista del giocatore, di quello che ha vissuto il dramma con un occhio diverso. «Già il giorno prima avevamo avuto un assaggio del clima che c’era in città. Eravamo andati in centro per fare una passeggiata, e i tifosi del Liverpool ci hanno sfasciato il pullman a sassate. Siamo dovuti scappare».
Poi, la sera della partita. «Siamo arrivati allo stadio un paio d’ore prima della partita: attorno all’Heysel c’erano

gruppi di inglesi ubriachi, ma nulla di più. Usciti sul campo abbiamo visto che le tribune erano già piene zeppe, compreso il famigerato settore Z. E pensate, io avevo in tasca due biglietti per mio fratello, che poi è rimasto bloccato e non è riuscito ad arrivare. Non sapevo che farne, e li ho dati a due di Tradate che conoscevo. Loro avevano i biglietti per il settore Z che era già pieno, io gli ho dato i miei di tribuna. Mi ringraziano ancora oggi».
Il dramma. «Eravamo negli spogliatoi e abbiamo capito che qualcosa non andava. Arrivava gente con la testa spaccata, sanguinante, che parlava di morti. Allora io e alcuni miei compagni ci siamo vestiti e siamo tornati in pullman. Mentre raggiungevo l’uscita, lungo il corridoio, sono passato sotto il settore Z e ho visto i morti con i miei occhi. Alcuni coperti da un lenzuolo, altri no. Siamo saliti sul pullman, macché giocare. Poi però è arrivato il capo della polizia belga che ci ha obbligato a tornare negli spogliatoi: “Ci sono trentanove morti, ma se non giocate ce ne saranno tremila”. Perché i nostri tifosi erano inferociti, volevano vendicarsi. Ci hanno obbligato a giocare e lo abbiamo fatto».

Quella partita. «Non c’è stata nessuna partita, nessuno di noi ha festeggiato a parte quel giro di campo che ci è servito per buttar fuori la rabbia e la tensione. Nessun festeggiamento, nessuno ha detto una parola dagli spogliatoi fino al rientro a Torino. Qualcuno ha scritto che abbiamo festeggiato la coppa, non è vero. Il giorno dopo sono andato all’aeroporto di Linate insieme a Scirea per accogliere alcuni dei morti. Di fianco a chi aveva perso un figlio, un padre, un marito».
Per Limido, non c’è stata nessuna Coppa. «Io come calciatore non ho vinto nessuna Coppa dei Campioni, non lo dico mai quando me lo chiedono. Io ho vinto un campionato di serie B e basta».