É un’opera destinata ad attrarre nuova attenzione su Padre Montini che proprio oggi sarà beatificato da papa Francesco, al termine del Sinodo dei vescovi, istituzione creata proprio da Paolo VI nel 1965. Si tratta di una biografia incrociata che testimonia la partecipazione alla vita politica, culturale ed ecclesiale di Padre Montini e del filosofo Maritain, legati da una profonda affinità spirituale e dalla comune vocazione alla contemplazione dell’Assoluto e all’impegno per la promozione di una società
più umana. Partendo dalla loro corrispondenza, Viotto evidenzia, con garbo, il lavoro intellettuale di Montini, tra gli universitari della Fuci e tra i cattolici, analizzando la sua gestione dei lavori del Concilio Vaticano II.
In parallelo viene considerata la forte influenza del filosofo Maritain, mediato da t, ai lavori conciliari, riguardanti il rapporto Chiesa-mondo. Non da ultimo, un’attenzione particolare è riservata ai loro rapporti con il mondo dell’arte, della poesia e della musica. É stato proprio Paolo VI, rivela Viotto «a portare a compimento il Museo di arte contemporanea a Roma, con l’aiuto di » e il suo interesse per l’arte contemporanea è testimoniato anche da un articolo sull’arte sacra, scritto dal giovane Montini oltre la religiosità dell’arte, dato che ogni arte è religiosa, in quanto contempla la bellezza, l’Assoluto.
«Infatti il museo romano è intitolato “Arte religiosa” e ospita anche opere non concepite come religiose. L’arte è religiosa, a prescindere dai temi religiosi, anche se non illustra i temi religiosi appunto». In questa direzione illuminante è la corrispondenza fra Maritain e Cocteau, svela ancora Viotto: «La grazia è una virtù soprannaturale, la bellezza una virtù naturale, che convergono nell’arte cristiana».
Un altro aspetto degno di nota e attualissimo è la ricerca di un dialogo interreligioso che si basa sul principio che «nessuno può avere l’esclusiva della ricerca della verità, ma la verità è inclusiva di tutti gli uomini di buona volontà».
Sia Maritain che sua moglie erano alla disperata ricerca della verità e questa ricerca ha influenzato fortemente Paolo VI, con la consapevolezza che «se Dio è Verità, bisogna cercarlo con l’intelligenza, non solo con il cuore», conclude Viotto: «Paolo VI era troppo intelligente, voleva che la gente capisse e dava importanza non solo ad insegnare a credere, ma anche insegnare a capire».