Sconforto d’Italia. Non ci resta che votare Aru?

La vittoria di Fabio Aru a Cervinia, Giro d’Italia, non mi ha entusiasmato solo per la grande prova tecnico-atletica di questo nostro giovanissimo corridore. Anche per la sua modestia, poi espressa nelle interviste. Modestia e maturità: non una parola fuori posto. Riflettevo, guardando la tivù, su come a volte lo sport, che pure ha i suoi guai a volte drammatici e scandalosi, riesca a insegnare il modo di vivere al resto del mondo. Soprattutto alla politica. In tv, dopo il trionfo e le parole di Aru, si è visto e ascoltato delle beghe politiche che hanno preceduto le elezioni regionali. Ed è subentrato lo sconforto. Meglio votare Aru, se si potesse.

Corrado Marchi

Meglio senz’altro, a dirla populisticamente/popolarmente. Perché poi un simile ragionamento porta a uno sbocco sterile: l’astensione. Schifati dalla politica, ci rivolgiamo-rifugiamo nell’antipolitica. Che non conduce a nulla, pur dando l’illusione/gratificazione di dare una sberla a tutto e a tutti. Di sicuro questa campagna elettorale ha annoiato prima, deluso poi, disgustato infine, e ce n’è abbastanza per pronosticare l’aumento del fenomeno della disaffezione alle urne. Speriamo, nell’interesse del Paese, che la realtà contraddica le previsioni: in passato è

successo più volte, nel presente chissà. Tornando al Giro e ad Aru: siamo stati testimoni, all’arrivo di Verbania, del tratto umano che la natura gli ha regalato e l’educazione consolidato. Cortesia con chiunque lo avvicinasse, nonostante la ressa. Sorriso a ogni tifoso. E un buffetto, se possibile, ai bambini. Altro che lo sdegnoso atteggiamento dei campioni d’altri sport che escono dagli stadi scortati dalle guardie del corpo. Inaccessibili, lontani, plastificati.

Max Lodi