Festeggiando il centenario del Varese, nel marzo del 2010, i tifosi hanno incoronato Beppe Sannino come «l’allenatore del secolo». Nessuno più di lui si merita questo riconoscimento perché è stato capace di trasmettere emozioni uniche alla piazza, risvegliandola dall’indifferenza verso i biancorossi e riportando la città allo stadio mentre, in appena 620 giorni, trascinava la squadra dall’ultimo posto della Seconda divisione alla B.
Sabato Sannino incontrerà per la prima volta da ex il Varese, affrontando Stefano Bettinelli, insostituibile vice dell’epoca che si sta rivelando un degno successore sulla panchina biancorossa, e i senatori Daniele Corti, Leonidas Neto Pereira, Gianpietro Zecchin.
«Per me Sannino è un secondo papà», dice , che ha incontrato il tecnico al Meda: «Avevo 22 anni e Beppe era molto diverso. Tutti lo chiamavano “sergente di ferro” e lui sembrava aggressivo ma chi lo conosceva a fondo sapeva che aveva un cuore d’oro».
Per Sannino Corti è sempre stato come un figlio e il tecnico ci aveva confessato così di considerarlo il termometro della squadra: «Sapete come faccio a capire se il Varese giocherà una partita memorabile? Guardo Daniele e dalla panchina lo punzecchio. So che non sarà una grande giornata se lui mi risponde: “Va bene, mister”. Ma se invece s’incazza e mi manda a quel paese so che vinceremo». Risentendo queste vecchie parole del suo “secondo papà”, Corti sorride: «È vero: tra me e lui c’è sempre stato un rapporto speciale. Se fosse bastato mandarlo a quel paese per vincere sarebbe stato tutto troppo facile. A Catania saluterò il mister prima della partita e alla fine potremo stare insieme a raccontarci tante cose, anche se sono convinto che il Varese offrirà un’altra buona prestazione, come sta facendo da un po’ di tempo a questa parte, togliendo a Beppe la voglia di parlare». Infine Corti rende merito a : «Ha portato freschezza a un ambiente saturo».
Anche capitan ha voglia di stringere la mano a Sannino: «È un piacere immenso rincontrarlo perché mi ha dato tanto. Il suo Catania farà di tutto per batterci: non possiamo sbagliare neppure un passaggio contro una rosa da Serie A».
Per Neto i due tecnici si assomigliano: «Bettinelli ha un carattere diverso ma ci fa sentire tutti importanti e sa farsi sentire come Sannino, di cui era vice quando sono arrivato a Varese. Già all’epoca diceva sempre cose giuste». Il numero 10 ha parole belle anche per Sannino: «Beppe è solare e pieno di simpatia e non scorderò mai il biglietto da pelle d’oca che ci aveva letto prima della finale per la B con la Cremonese su cui erano scritte queste frasi che ho ancora scolpite nel cuore: “Non pensate. Ricordate. Fantasticate. Visualizzate ogni singola giocata. Ogni voce che urla il vostro nome. Ogni sorriso che comparirà sul volto dei bimbi. Noi non andremo alla deriva perché siamo uomini e loro semplici calciatori”. Quando ha lasciato Varese ha pianto perché voleva portarci in Serie A. Si merita di tornarci con il Catania a cui auguro un filotto di vittorie ma solo dopo aver giocato con noi».
era arrivato a Varese nel settembre del 2009 e subito Sannino aveva rimarcato le doti del centrocampista davanti ai biancorossi: «Non c’erano stati però solo complimenti – ricorda l’ala – perché il mister mi aveva dato anche diverse mazzate. Io arrivavo da un infortunio e a Varese avevo trovato una squadra che andava a mille all’ora. Io faticavo a tenere i ritmi dei compagni e all’inizio mi sono beccato gli insulti – mai offensivi comunque – di Sannino. Rivederlo sarà una festa anche perché con lui ho sempre avuto un rapporto eccezionale e il suo ricordo me lo porterò dietro per tutta la vita. Come avrò sempre nel cuore il Varese, dove ci sono da sei stagioni e dove ho vissuto le migliori stagioni della mia carriera». Anche Zecchin ci tiene a parlare di Bettinelli: «È arrivato in punta di piedi a maggio e ci ha salvati. Sono contento che sia stato confermato perché è una persona per bene, straordinaria e sincera. Nel calcio quando vinci sei un re e se perdi torni operaio: Bettinelli ha ricevuto tante cattiverie che non si meritava perché ha dato al Varese un’anima. Se giochiamo con aggressività, spensierati e senza paura, attaccando anche chi è più forte di noi, il merito è tutto suo».