Sono tanti e, spesso, insistenti. Ai semafori, fuori dalle chiese o davanti ai centri commerciali, per le vie del centro o nelle strade di periferia.
Sono l’esercito dei questuanti che ogni giorno popolano la città. Dai vecchietti a chi ostenta malformazioni, dalle donne a chi mostra cartelli su cui si leggono elenchi di disgrazie, non c’ è che l’imbarazzo della scelta.
Molte di queste persone, per lo più straniere, raggiungono la Città Giardino in treno da Milano. Si tratta di rom, in maggioranza rumeni, di cingalesi, nord africani e indiani. C’è chi elemosina vagando per le vie e le piazze chiedendo qualche moneta per poter mangiare, chi si ritaglia il proprio angolino in punti strategici di passaggio, o ai semafori, utilizzando appelli strappa lacrime scritti su cartelli improvvisati e chi,invece, cerca di vendere la propria “mercanzia”: braccia lettini, accendini, fazzoletti, rose. Il sabato mattina è sicuramente un giorno proficuo: la gente è a casa dal lavoro, raggiunge il centro per la spesa e compiere le commissioni che non riesce a svolgere in settimana.
Inoltre, l’arrivo della bella stagione, invoglia le persone a intrattenersi più a lungo nel centro cittadino per una sbirciatina alle vetrine o per un aperitivo al bar con la famiglia e gli amici. Debe (così dice di chiamarsi) ha 37 anni ed è di origini cingalesi.
Racconta che, ogni tanto, visita Varese nella giornata di sabato. «Vengo da Milano – dice – In settimana chiedo l’elemosina tra la stazione centrale e Cadorna, mentre al sabato mi sposto in altre città più piccole. A Varese sono venuto cinque volte e, di solito, vengo qui nella zona pedonale».
Debe racconta di avere due figli piccoli. «Ieri non ho mangiato perché quello che ho raccolto l’ho usato per comprare il latte, i biscotti e delle pappe per loro». Poi c’è Rubio, un rumeno sorridente di 23 anni che ieri era in via Medaglie d’Oro chiedendo monete alle macchine che si trovavano in coda.
«Di solito io vado ai semafori a Como – e, per spiegare la sua presenza a Varese, aggiunge – Mio cugino oggi non poteva venire a Varese perché non sta bene e così sono venuto io».
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