La Varese di un tempo fu la capitale della confetteria insubre: ci sono autentiche memorie storiche a testimoniarlo, oltre alla leggenda di Liala che distribuisce confetti rosa ai suoi amici.
Il signor, oggi ottantenne, è il figlio del signor Carlo de “La casa del caffè”, la drogheria di via Cavour trasferitasi in via San Pedrino negli anni Cinquanta: all’inizio degli anni Trenta era il rifornitore ufficiale di zucchero di molta dolceria e pasticceria varesina.
«Prelevavamo dalla stazione lo zucchero Eridania e lo smistavamo ai vari clienti, fra cui Brusa e Mera & Longhi. Si adoperava, per la confetteria, lo zucchero in blocchi, il cosiddetto “pilé”: ne arrivavano sacchi da cento chili l’uno. Era il più pregiato: uno zucchero candido, brilllante, adatto alla confetteria. Io conobbi , lo storico confettiere, quando ero ragazzo; era, negli anni Quaranta, già uno dei più famosi di Varese; aveva una fabbrica di confetti in viale Valganna».
Si trovava dove c’era un tempo la vecchia centrale del latte. Una figura mitica, avvolta nella leggenda, che il signor Porta Tadino ricorda come «un vero personaggio, che lavorava quotidianamente assieme ai suoi operai rimboccandosi le maniche».
Erano gli anni in cui Varese, frequentatissima dai milanesi come la mecca della tranquillità e del ristoro, vedeva crescere la domanda “dolce” anche e soprattutto dai cosiddetti “foresti”. affinava i suoi fondant di zucchero e studiava in Svizzera i segreti della pasticceria d’oltralpe; contemporaneamente fioccavano in Varese le confetterie.
La più vecchia di tutte a memoria d’uomo è la ditta di Piero Mera, un piccolo laboratorio artigianale nato in vicolo san Martino nel 1896, oggi considerato il più antico caramellificio italiano. Negli anni Trenta il figlio di Piero, assieme ad un fratello e ad un terzo socio, il signor Longhi, sposta il laboratorio in via Maspero, espandendo la produzione al ramo delle caramelle e avviando la storica linea di caramelle dei Fiori di Varese, che erano fatti a mano uno per uno, “tirando” lo zucchero: immancabili nei ricevimenti di un certo tono, divennero rappresentativi di un’epoca.
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