Gentile governatore Maroni, non so se questo weekend era dalle parti di Varese e se ha messo il naso fuori casa.
Può darsi che sia rimasto chiuso nel suo studio di Lozza a ripassare il francese, dopo che il suo sodale Salvini ha avuto la bella pensata di familiarizzare con Marine Le Pen. Se invece ha dato un’occhiata in giro, si sarà accorto della meraviglia che questo antipasto di estate ci ha regalato.
La Città Giardino sembrava aver indossato il suo abito più bello. Perfino il lago di Varese, visto in lontananza, pareva uno specchio azzurro incontaminato e tranquillo. E dal Monte Tre Croci alla Schiranna era tutto un brulicare di gente. In centro, glielo garantisco, quasi non si circolava. Famigliole a passeggio, bambini alle prese con le prime pedalate sulla bici vedova delle rassicuranti rotelle, skaters in vena di sfidare la forza di gravità.
E poi gli artisti con i loro quadri variopinti a colorare corso Matteotti, le decine di sagre, da quella della ciliegia a quella della birra, che animavano i borghi attorno al capoluogo.
Gli epicentri di questa prima scossa alla stagione turistica sono stati, com’era logico, la Schiranna e il Sacro Monte.
Ristoratori, gelatai e baristi, per una volta, non si lamentano. I locali erano pieni. Di lombardi, soprattutto, come hanno testimoniato i solerti cronisti della “Provincia” andati a curiosare.
I varesini, che questo ben di Dio l’hanno a portata di mano ogni giorno, non si sono scaldati più di tanto. Quelli che arrivano da più lontano, approfittando del “ponte” del 2 giugno, una capatina sulla via Sacra o sul lungolago hanno voluto farla.
E si sono accorti che i posti sono bellissimi, ma difficilmente raggiungibili. Le strade di accesso sono quello che sono, posteggiare al Sacro Monte richiede l’intervento miracoloso della Madonna Nera.
E non è che con i 90 posti auto interrati che fanno discutere di questi tempi la città si possa immaginare di ridimensionare l’intervento celeste. Se, signor governatore, fosse stato con i cronisti della Provincia al Sacro Monte o alla Schiranna, avrebbe potuto anche lei distinguere con una sola occhiata la provenienza dei visitatori. Quelli con la faccia scura, lo sguardo torvo, il nervosismo palpabile erano italiani. Milanesi, bresciani, torinesi, non importa. Tutti alle prese con un unico interrogativo: dove lascio la macchina con cui sono arrivato qui dal mio paesello? Interrogativo, come si diceva, senza risposta. Anche perché l’esistenza della funicolare non è che sia gridata ai quattro venti. Ma noi varesini siamo così: prima di tutto l’understatement.
Gli altri, quelli spaesati, attoniti, alla ricerca di un Virgilio che li guidasse in quella specie di inferno, erano gli stranieri.
Che avevano esattamente gli stessi problemi del turista tricolore, ma aggravati dal fatto che nessun cartello spiegava nella loro lingua – o perlomeno negli idiomi che tutto il mondo moderno usa per comunicare – cosa fare, cosa vedere, dove andare. Ora non è questa una novità del giugno 2014, ne concordo. Ma il fatto è che l’anno prossimo da queste parti ci sarà l’Expo.
E che questo primo weekend d’estate è stato solo un annacquato aperitivo di quello che – si spera – avverrà con la vagheggiata invasione di turisti da tutto il mondo.
Signor governatore, lei che è nella stanza dei bottoni e che ha dimestichezza e confidenza con chi pigia quelli relativi a Varese e alla sua zona, cosa ne dice di avvisare chi di dovere a darsi una mossa?
Magari, invece di tradurre in bosino le indicazioni dei cartelli stradali, potrebbe essere un’idea piantarne qualcuno in inglese, tedesco e francese. Che non saranno lingue padane, ma imparentate con i celti sì. Così magari è d’accordo anche Salvini.
Marco Dal Fior
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