Puoi anche andare fino in Australia, Mauro Milanese, ma non ritroverai il prosciutto e il salame tagliati dal Dante al bar dello stadio per te e per i giocatori dopo le vittorie del Varese. E se pure prendessi un’astronave per la Luna, non illuderti: prima o poi tornerai sulla terra perché quando la maglia è una famiglia (la tua famiglia) non possono levartela per sempre.
Una volta, urlando per un gol a Carpenedolo in C2 che mandò in fuga la squadra di Sannino su un campetto con l’erba alta e due gradoni al posto dello stadio, Mauro alzò con una mano Lepore e con l’altra Silva Fernandes, allungandoli come trofei verso la curva in delirio: come un gigante buono che tiene in pugno il mondo solo con il cuore, la tempra e la volontà d’acciaio.
A Londra: potessi sceglierei, ricomincerei da qui. Ma, per ora, non posso.
Dall’altra parte del mondo, in Australia: ho seguito il Melbourne Victory, la società di mio cugino. Abbiamo battuto 2-1 il Sydney di Del Piero…
Acqua passata non macina più. Salviamoci e poi parleremo. Certo, nemmeno nell’incubo peggiore avrei sognato sette sconfitte consecutive. Ma il vento è cambiato.
Il pubblico è raddoppiato, anzi triplicato nelle ultime settimane. Ha preso coscienza di poter retrocedere ed è sceso in campo in massa. Sono lontano ma respiro vibrazioni nell’aria del Sacro Monte. E poi è arrivato il Betti…
Sì.
Perché era la scelta della vita, per lui e per il Varese. Perché ha coraggio. Perché conosce le pieghe dello spogliatoio e dell’ambiente. Perché è varesino ed entra nelle corde di giocatori e tifosi. Perché riporta il pubblico verso la squadra e la squadra verso il pubblico, fondendo tutti in un’unica maglia. Bettinelli avrebbe salvato il Varese senza playout ma pensavano che fosse una scelta impopolare.
Aggredendola e volendola con coraggio. Facendo respirare al gruppo il senso d’appartenenza che si coglie nella tifoseria.
Giocherei al limite del regolamento e di me stesso.
Lazzari, Rubino e Gonzalez sono lampi improvvisi nel cielo. Noi però siamo roccia, muro, pietra.
Il vento spinge voi: gonfiate le maglie e lasciatevi trascinare da quei mille “disperati” al Piola e dei settemila di Masnago. Ci sarà da soffrire e capiterà un piccolo momento in cui vi sentirete all’angolo ma aggrappatevi a quel vento che non smetterà mai di soffiare. Non aspettate gli eventi e la partita: costruiteveli.
Mi raccontano sguardi, gesti, parole e io, anche da Londra, sento l’aria buona del vero Varese. Mi sarebbe piaciuto perché ci saremmo intesi con gli occhi. Ma fa niente, io ci sono. Sempre.
Una mezza idea ce l’ho. Ma se arriva anche un mio vecchio amico, vengo più volentieri.
Viene?
Due in più di loro.
No, chi fa calcoli retrocede. Perché ha Bettinelli. E perché è a favore di vento.
Tutto quello che c’era attorno. Le persone che facevano la differenza, creando quella che è la specialità della casa, l’arma in più: essere una famiglia. Poi il lato economico e commerciale ha preso il sopravvento. Ma l’umiltà, la bravura e il sorriso stanno risorgendo. Bettinelli ha acceso una scintilla, riaprendo un ponte tra la squadra, la città e il cuore del tifo.
Hai fatto 20 gol e a Varese ti vorranno bene anche tra vent’anni. Meriti 10 ma ti manca ancora un gol per arrivare a 10+, e tu sai qual è. Se lo segna un altro, però, sono contento lo stesso.
L’ho preso al San Giovanni di Trieste, ora è in azzurro. Ha la testa da trentenne. Gli direi: «Fammi vedere dove vuoi arrivare».
Nulla perché sanno già tutto. A parte una cosa: «Completate l’opera che voi stesse avete cominciato».
Queste: abbiamo preso tutti un grande spavento, ma è servito per capire che basta poco per perdere la serie B: 50 punti possono essere una montagna inespugnabile, ora lo sappiamo. Bisogna ripartire dalla trasparenza. E dalla chiarezza, anche con la città.
Urlo con la squadra, con i tifosi e con voi “Forza Varese”!
© riproduzione riservata