– Da ieri un franco svizzero vale come un euro e per la provincia di confine cambia il mondo: gli stipendi dei frontalieri aumentano di colpo di quasi il 20% e i negozi del Varesotto diventano attrattivi per la clientela svizzera. «Ma nel lungo periodo potrebbe essere un’arma a doppio taglio» il monito di, segretario della Uil Frontalieri.
Dopo che la Banca Nazionale Svizzera ha deciso di rompere l’argine della soglia minima di cambio con l’euro che dal 2011 era fissato a quota 1,20, il franco si è immediatamente rafforzato.
Il tasso di cambio per un euro è passato da 1,201 a 1,028. Significa che lo stipendio di un frontaliere da 1.200 franchi al mese, che prima corrispondeva a mille euro, da ieri vale 1172 euro.
E che per uno svizzero, 100 euro di spesa a Varese, che prima gli costavano 120 franchi, oggi appena 102. «È una notizia che cambia il mondo e le abitudini di tutti noi – ammette
, sindaco di Lavena Ponte Tresa – Ormai ci eravamo abituati al franco bloccato, questo è un po’ un ritorno all’antico, all’epoca delle oscillazioni valutarie».
«Nei prossimi giorni potrebbe esserci un assestamento, ma per i nostri frontalieri le paghe sono più
alte e i nostri negozi diventano più appetibili per chi vive oltre frontiera».
I commercianti del Varesotto confidano in un aumento delle vendite: persino la benzina non sarà più conveniente in Svizzera.
«Per noi è una notizia molto positiva – spiega , vicedirettore dell’Ascom di Luino – già oggi nelle zone di confine lavoriamo molto con i clienti svizzeri che vengono a fare compere, ora questo fenomeno di “pendolarismo” si accentuerà ancora di più. Oltretutto i frontalieri, con i loro stipendi che lievitano in modo consistente, avranno una maggior propensione al consumo che farà solo bene».
Un’occasione da non perdere: «In un momento non facile per il commercio, potrebbe essere un aiuto importante per il rilancio, in tutto il Varesotto» sostiene Meloro.
Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia. «Nell’immediato, la consistente rivalutazione degli stipendi dei frontalieri è inconfutabile – commenta Marco Molteni, segretario provinciale della Uil Frontalieri – Probabilmente però il medio-lungo periodo potrebbe presentare il conto. Perché se le imprese ticinesi che esportano diventano meno competitive e vanno in sofferenza, il rischio concreto è quello di una contrazione dell’occupazione, un aspetto che preoccupa già i colleghi dei sindacati ticinesi».
Allo stesso modo, se i commercianti al di qua del confine possono esultare, quelli oltre il Gaggiolo potrebbero finire per lasciare a casa i loro dipendenti frontalieri. «Se i nostri perdono il posto in Ticino, usufruiscono dell’indennità di disoccupazione italiana, che è nettamente inferiore allo stipendio svizzero, con tutte le conseguenze che poi ne derivano sul territorio» sottolinea Molteni.
E il sindaco Roncoroni ammette: «Le insidie sono dietro l’angolo. Nei nostri paesi c’è tanta forza lavoro impiegata oltre confine. Se il Ticino soffre, soffriamo anche noi».