Il bello del mercato è che tutto può cambiare in un attimo. Questione di situazioni, di bivi da imboccare, di improvvisi mutamenti di prospettiva. Il mercato è come quegli antichi borghi medievali: un vicolo cieco si può rivelare un tesoro.
Prendiamo Arturo Lupoli. Fino a domenica sera era un esubero: in squadra, in ritiro, anche in campo se capitava; ma con la valigia pronta, perché la sua esperienza biancorossa è stata deludente, bisogna sgravarsi di un contratto triennale e, se si riesce, monetizzare pure.
Poi ha segnato due gol decisivi alla Juve Stabia, e soprattutto ha accettato – unico degli elementi sul mercato – la sfida di non risparmiare la gambetta. La gente un po’ ha stropicciato gli occhi e un po’ ha riflettuto: uno così, se si è davvero ritrovato, fa più comodo tenerlo o venderlo?
Chissà se Ambrosetti, il consulente per le uscite Cannella e Bettinelli hanno avuto lo stesso pensiero, a caldo e poi anche a freddo. Lupoli è l’uomo del giorno, ha dichiarato di voler restare, piace a squadre di Lega Pro (Messina). Chiaro che una rondine non fa primavera, e bisogna vedere fino a che punto le esigenze di bilancio prevalgono su quelle tecniche.
Un indizio in proposito arriva da radio mercato, che bisbiglia l’interessamento del Varese per Edgar Çani, attaccante di proprietà del Catania, nella seconda parte dell’anno scorso in prestito al Bari, dove ha contribuito all’incredibile risalita dei galletti. Classe 1989, nazionale albanese, ha una storia pazzesca.
Arrivò in Italia poppante, nel 1990, come rifugiato politico, insieme alla famiglia che aveva riparato nell’ambasciata italiana di Tirana per fuggire dal regime comunista. Cresciuto in Umbria, ha cominciato nelle giovanili del Pescara, poi ha girato parecchio: Palermo (con annesso debutto in A), Ascoli, Padova, Piacenza, Modena, Catania, Carpi, Bari e una felice parentesi estera col Polonia Varsavia. Lassù la sua miglior stagione, 2011/12: 31 gare e 11 reti nella serie A polacca.
Attaccante possente, mancino, forte di testa, ha un profilo che ben si sposa con ciò che manca ai biancorossi: una torre da gol e da assist, che crea spazi, fa salire la squadra, converte i suggerimenti di provetti crossatori come Fiamozzi e Zecchin. Può giocare centravanti o seconda punta a sinistra.
Somiglia un po’ a Sforzini, di cui si è parlato negli ultimi giorni: dalla sua ha l’età, la fame e forse un costo più abbordabile. Appartiene al Catania, che ha il reparto al completo e deve sfoltire. La trattativa è intavolata, vedremo dove condurrà.
Quanto agli altri candidati a lasciare Varese, il forfait di domenica parla chiaro. E va spiegato non solo con la necessità di non rischiare infortuni, ma anche con un aspetto regolamentare che non tutti conoscono. Non si possono girare più di tre squadre né vestire più di due maglie in gare ufficiali nella stessa stagione: quindi giocare anche una sola volta col Varese significa – in caso di cessione entro il 1° settembre – il divieto di un nuovo trasferimento nel mercato invernale, quando tutto può succedere e a volte si creano le occasioni migliori. Lo racconta proprio Çani, che a gennaio 2014 passò sempre in prestito dal Carpi al Bari, e fu la sua fortuna.
Rea, dei partenti, è il pezzo più pregiato: la pista più calda rimane Trapani, da dove in cambio potrebbe tornare Terlizzi. Di Roberto è il flop dell’ultima campagna invernale, un investimento infruttuoso: su di lui ci sono il Carpi di Castori, il Livorno di Gautieri (che traballa dopo il clamoroso 2-4 in Coppa Italia col Bassano) e la Pro Vercelli. Laverone, Damonte e Cristiano Rossi sono riserve e danno meno nell’occhio.
Poi c’è l’enigma Forte: c’è chi lo vuole (Pescara?), ma privarsene al momento sarebbe quasi un delitto. Per due motivi: primo, uno così serve; secondo, con una buona stagione in B il suo valore crescerebbe, garantendo maggiori introiti futuri. Cederlo e tenerlo qui in prestito? Possibile, benché doloroso, anche per la gente.
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