A Milano si scandalizzano perché l’indonesiano Thohir ha comprato l’Inter e perché il cinese Lee e il thailandese Thaechaubol si contendono il Milan. Si gridò all’indignazione quando l’affare lo fece Moratti, ora si grida altrettanto a proposito di Berlusconi. È un atteggiamento curioso: si è tutti d’accordo sulla inevitabile globalità del mondo, ma si pretenderebbe che il calcio italiano rimanesse fuori da questo fenomeno. Secondo me non sbagliò l’uno e non sbaglierebbe l’altro: se si trovano finanziatori disposti a investire molto in club storici, assicurandone la continuità ad alto livello, qual è il motivo serio per dirgli di no?
Alessandro Guzzi
Basterebbe dare un’occhiata all’estero per convenire che, sì, Moratti fece bene. E bene farà Berlusconi. Con un promemoria: onore a tutt’e due. Grazie a loro il calcio milanese ha vissuto memorabili fasti. L’estero, dunque. Nella Premier League inglese sono dieci le società il cui capitale è detenuto da stranieri. Nella Liga spagnola, tre i club di proprietà forestiera. E in Francia la squadra più forte è nelle mani dello sceicco del Qatar. Da noi, per ora,
Thohir non ha avuto fortuna, ma sta investendo molto. Chi prenderà il Milan annunzia disponibilità milionarie, sperando in risultati migliori. Circola il vezzo di dileggiare queste new entry del calcio, e però senza di loro chi ripianerebbe deficit da rosso profondo? Chi metterebbe sul piatto soldi veri per il futuro? Chi farebbe la parte che i capitalisti italiani non vogliono più fare? È una fortuna, e non il contrario, per Inter e Milan aver trovato clienti facoltosi disposti a rilevarne i pacchetti di maggioranza. La carta d’identità conta zero. È la carta moneta a contare tutto.
Max Lodi