I graffiti del Franco Ossola Guardali nel nostro video

Passato e presente in full color, i muri dello stadio smettono di colpo il grigio topo del calcestruzzo, le bombolette zufolano tracce biancorosse e strani geroglifici intrecciati, entrare al “Franco Ossola” sarà un po’ come attraversare le immagini di un sogno, di quelle ondeggianti e tridimensionali della prima alba, quando anche i suoni incominciano ad arrivare da lontano.

L’arena di Masnago è decorata come una gigantesca torta alla frutta, il contorno un’ininterrotta sequenza di tinte a volte assolute, altre sovrapposte e urlanti, ci sono lettere king size e volti grifagni, gesti d’atleta e scheletri danzanti, rossi sciabolati e gialli imperativi, il repertorio intero di chi annota i propri pensieri “on the road”, e raramente, purtroppo, lo può fare in un esatto contesto come opera di una qualche valenza sociale.

Così gli occhi da “Big brother” di Silvio Papini, team manager del Varese, scrutano giganteschi l’uniforme mediocrità architettonica presente fuori dallo stadio e l’ecomostro in via di ultimazione di fronte al parco di villa Baragiola, che aggiunge un tocco d’italica assurdità a un paesaggio pervicacemente violato e sbeffeggiato.

I writers hanno disegnato per un giorno intero davanti al muraglione tante volte aggirato per arrivare agli ingressi di distinti, curve e tribuna, e cercano di togliergli quell’aspetto di mostruoso insetto accentuato dalla “raminata” sovrastante, tenuta su da smilzi paletti simili alle antenne di un coleottero, che uniti alle scritte neonaziste sottostanti, evocavano i terrificanti fantasmi dei campi di sterminio.

Il Varese Calcio, che per la prossima stagione ha voluto per i giocatori una maglia rétro con la V bianca in campo rosso, continua il percorso verso l’auspicato rinascimento della squadra e trova un accordo – finalmente – con il comune per ingaggiare i disegnatori della Wg Art coordinati da Ileana Moretti e togliere le muffe cromatiche al vetusto cemento masnaghese.

Colore e dinamismo, eclettismo – non manca un ciclista impegnato in una salita impossibile didascalizzato con la scritta «pedala» – per una proposta che in ogni caso muove la discussione e riporta i riflettori sul mondo dello sport e del calcio in particolare, scosso di continuo da scandali e malversazioni e stavolta invece pilota di un’idea.

Certi ghirigori fini a se stessi possono non piacere – perché non fare trentuno e ingaggiare dei “direttori artistici” tra i pittori varesini? – ma di fronte alla citazione bombolettata di Pietruzzu Anastasi o di Peo Maroso invano rincorso dagli juventini in ginocchio per lo storico 5 a 0, non si può restare indifferenti e non fermarsi ad ammirare la tecnica di certi writers e la loro indubbia inventiva, spesso assente in più celebrati e quotati artisti da galleria.

C’è un po’ di tristezza però nel vedere soltanto gli eroi del passato – di quel Varese finora non replicato di Borghi e Casati – effigiati sui muri come i tori graffiti nelle grotte di Lascaux, eroi quasi omerici le cui gesta sono ormai patrimonio della memoria più che degli occhi.

Forse tutto questo colore specchiato nel cielo d’estate potrà essere d’auspicio alla squadra in allestimento, e sarebbe bello che uno spicchio di muro già ne parlasse a fine campionato, immagine ultima di un’epopea raccontata alla piazza come da antichi cantastorie.

Varese

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