Basta fare gli italiani: ha sparato a tutti noi

Simona Carnaghi, nell’editoriale di oggi, torna sui tragici fatti di Milano e sul polverone conseguente

Un delinquente entra armato in un tribunale e uccide tre persone ferendone altre due. È la strage compiuta da un ladro che da giovedì è anche un assassino. Il fatto dovrebbe spingere ad una riflessione. Domanda: come ha fatto quell’uomo ad entrare armato in un tribunale? Chi frequenta i tribunali ogni giorno sa che normalmente sono luoghi sicuri. Ma la domanda non è soltanto legittima. È anche doverosa.

Giusto interrogarsi, analizzare l’accaduto (davvero), cercare una soluzione. Cercare un sistema che possa chiudere quella falla rivelata dal dramma, giusto perché tre vite non vengano versate invano.

Il punto è che non si sta facendo questo. Perché la domanda “come ha fatto un uomo armato ad entrare in un tribunale?” viene posta con livore. Non si cerca una soluzione, si cerca la polemica. Il problema diventa una scusa per attaccare l’avversario. E pazienza se alla fine questo iroso accusarsi, insultarsi e parlarsi addosso nulla di fatto cambierà. L’importante è che tutto il casino sollevato abbia danneggiato l’avversario.

Ci sono poteri e interessi in ogni cosa e in ogni Paese. Ma la specialità italiana di quei poteri è quella di prendere un problema e trasformarlo in una sassata. Ottenendo un doppio risultato: il problema è scomparso agli occhi dell’opinione pubblica (non è risolto, è solo nascosto, ma chissenefrega) e si danneggia la fazione opposta. La domanda iniziale, “come ha fatto un uomo armato ad entrare in un tribunale e a fare una strage?” la si va dimenticando e tra qualche giorno, tranne che per chi la porterà sempre sulla pelle perché ha amato e rispettato quei morti, purtroppo si andrà dimenticando anche la strage.

Le proposte, al momento, sono molteplici. Lettori elettronici dei tesserini rilasciati dai vari ordini in modo da identificare tutti? Mancano i soldi per installarli. Allora tutti in coda, per ore, e nessuno più potrà accedere a un tribunale senza prima essere stato perquisito dalla vigilanza ed aver passato il metal detector? In capo a una settimana la gente in coda si organizzerà e sfonderà furibonda le barricate esasperata, oppure nasceranno raccolte firme e petizioni attraverso le quali palesare la vibrante protesta per il tempo perduto. Potrebbe persino nascerne un movimento politico, non è escluso. I “No in coda”, ad esempio.

La questione è piuttosto di tipo culturale e riguarda tutti noi. Non siamo un popolo capace di stare in fila e aspettare il proprio turno con educazione.

A stare in fila, a stare in ordine, non c’è riuscito nemmeno Claudio Giardiello. Imprenditore, si dice oggi. Giardiello è un bancarottiere e ladro che ha vissuto di espedienti spendendo denaro che non aveva credendo così di comprare “a uffa” come si dice dalle nostre parti.

Un rispetto che, quando i soldi (degli altri) sono finiti, è svanito con un battito di mani. E quando, la sua incapacità, l’ha portato dai casinò chic alle macchinette videopoker nei bar gestiti dai cinesi, si è tolto dalla coda. Ha fatto quello che in molti stanno facendo dopo la strage. Ha cercato un responsabile. Il giudice, l’avvocato, l’ex socio. Tutti cattivi, tranne lui.

E così un delinquente è entrato nel tribunale di Milano e ha ucciso tre capri espiatori per non doversi assumere la responsabilità del proprio fallimento. Così oggi l’opinione pubblica punta il dito contro Berlusconi che ha gettato fango sulla magistratura (Giardiello ha ucciso anche un avvocato e un imprenditore, quelli non valgono nulla?), contro Renzi e contro la crisi.

La crisi? Sei un ladro e per altro poco abile ed è colpa della crisi? Ci sono imprenditori in Italia, a Varese, che hanno messo a rischio il loro patrimonio personale per salvare l’impresa di una vita. Quelli sono vittime della crisi. Non Giardiello, il facilone con “sempre una soluzione pronta”. Che ha violato un tempio, quello in cui, spesso lo scordiamo, si opera nel nome del popolo italiano. Che siamo noi.

Giardiello ha sparato a tutti noi. Che ci perdiamo nelle polemiche. Sulla sicurezza, su Berlusconi e su Renzi. Ci ha sparato e noi rispondiamo: piove, governo ladro. Andiamo. Non si fa.