«Non ci sono riusciti i carabinieri, volete riuscirci voi?». Così un , per tutti Pippo, ripeteva beffardo e sicuro di sé alle figlie Tina e che lo hanno sempre accusato di aver ucciso, oltre che amputandole entrambe le mani, anche la moglie Marisa Maldera, mamma di Tina e Cinzia, spirata in modo orribile nel febbraio 2003 in uno strano incidente d’auto a Caravate.
Da dieci anni le due ragazze chiedono giustizia «per nostra madre. Che l’aveva uccisa lui lo abbiamo detto a tutti – spiegano le ragazze – Parlammo con il pubblico ministero che si occupò del caso, ma non fece nulla. Raccontammo anche di quel tagliandino d’assicurazione sulla vita di nostra madre del quale poi non si seppe più nulla».
Tina e Cinzia lo hanno ripetuto al sostituto procuratore generale di Milano al termine dell’udienza d’appello di Piccolomo che vide il killer della mani mozzate condannato all’ergastolo anche in secondo grado. E dalla procura generale di Milano, con modalità “inusuale” per stessa ammissione per stessa ammissione del procuratore generale di Milano , è arrivato al procuratore capo di Varese un invito a riaprire il caso. Manfredda ha ascoltato le due figlie di Piccolomo, ha eseguito degli accertamenti ed è convinta che quello di Marisa Maldera fu un omicidio volontario non un semplice omicidio colposo: Piccolomo incassò nel 2006 un patteggiamento a un anno e quattro mesi per la morte della moglie arsa viva nella loro auto uscita di strada mentre lui, illeso, non riuscì a soccorrerla.
«Stiamo valutando gli atti – spiega Grigo – Esiste il principio del “ne bis in idem”: non si può processare due volte una persona per lo stesso fatto. Vaglierò gli atti quindi prenderò una decisione. Sovrano sarà il gip».
La procura infatti potrebbe chiedere la riapertura dell’indagine ma sarà il giudice per le indagini preliminari a decidere.
Ora si cerca di superare lo scoglio: «Sto anche valutando a chi assegnare le indagini», spiega Grigo. Potrebbe trattarsi del sostituto che catturò Piccolomo per il delitto delle mani mozzate e lo fece condannare all’ergastolo.
Per Tina e Cinzia si riaccende la speranza: «La sua condanna all’ergastolo per la povera Carla Molinari è sacrosanta e ci ha soddisfatte – spiegano – Ma abbiamo sempre sperato di vederlo condannato anche per nostra madre. Che anche lei abbia davvero giustizia».
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