Tutti assolti perché il fatto non sussiste, ad eccezione dell’allora vice capo del Dipartimento della Protezione civile Bernardo De Bernardinis, che si è visto ridurre la pena da 6 a 2 anni: i giudici lo hanno assolto per la morte di 16 persone e condannato per quella di altre 13.
La Corte d’appello de L’Aquila stravolge la sentenza di primo grado nei confronti dei membri della Commissione Grandi rischi che parteciparono alla riunione convocata dall’allora capo della Protezione civile Guido Bertolaso a L’Aquila
il 31 marzo del 2009, 5 giorni prima del sisma che provocò la morte di 309 persone, per fare il punto della situazione e valutare le misure da mettere in atto in considerazione dello sciame sismico che interessava da giorni la città. Un verdetto che gli aquilani e i familiari delle vittime presenti in aula accolgono con urla, singhiozzi e grida di rabbia: «Vergogna. Mafiosi. Questo è uno Stato che non fa giustizia ma che difende se stesso» . «Questo verdetto – dice uno dei legali di parte civile – è un terremoto nel terremoto».
Assoluzione con formula piena dunque per l’ex presidente della Commissione Franco Barberi, l’ex presidente dell’Ingv Enzo Boschi, il direttore del Centro nazionale terremoti Giulio Selvaggi, il professore di fisica dell’Università di Genova Claudio Eva, il direttore di Eucentre Michele Calci e il direttore del Servizio sismico del Dipartimento della Protezione Mauro Dolce, che in primo grado erano stati condannati a 6 anni per omicidio e lesioni colpose.
Cosa abbia spinto il presidente Fabrizia Francabandera e i giudici a latere Carla De Matteis e Marco Flamini a rigettare l’impianto dell’accusa dopo 7 ore di Camera di consiglio, lo si capirà solo tra 90 giorni quando verranno depositate le motivazioni della sentenza. Quel che però sembrerebbe già evidente dal dispositivo, è che la Corte d’appello non riterrebbe che siano stati gli scienziati a rassicurare gli aquilani; non sarebbero stati loro, come invece disse la Procura, a commettere una «monumentale negligenza», fornendo informazioni «imprecise, incomplete e contraddittorie sulla pericolosità dell’attività sismica» e «vanificando le attività di tutela della popolazione». Diversa la posizione di De Bernardinis, al quale i giudici dell’Appello sembrano aver riservato un ruolo di primo piano.
L’ex vice capo della Protezione civile è stato assolto in base al secondo comma dell’articolo 530 del Codice penale, la vecchia insufficienza di prove, per la morte di 16 delle 29 vittime i cui familiari si erano costituiti parte civile e per i 4 feriti che hanno riportato delle lesioni. Ma è stato condannato per la «residua parte dell’imputazione», vale a dire la morte di altre 13 persone.