Un anno è bisestile se il suo numero è divisibile per quattro, con l’eccezione degli anni secolari che non sono divisibili per 400. Ebbene sì, la matematica ha vinto ancora, come sempre onnipresente per regolare, ordinare e fissare. Eppure dietro al 29 febbraio c’è sempre qualcosa di nuovo e di curioso, al di là della meccanica associazione che siamo abituati a fare con le Olimpiadi… I Romani per esempio aggiungevano un giorno in più dopo il “sexto
die ante Kalendas Martias”, allora il 24 febbraio; il giorno aggiuntivo si chiamava “bis sexto die” (sesto giorno ripetuto) da cui l’aggettivo “bisestile”.
Sono tanti i pro e i contro di questa data: re e principi evitavano di prendere grandi decisioni in questo giorno, che poi avrebbe potuto essere commemorato un anno ogni quattro! Lasciando poi da parte i “fortunati” nati oggi, che almeno possono invecchiare più a rilento, i veri fortunati molto probabilmente siamo noi tutti. Dal 1582, anno dell’introduzione del calendario gregoriano, ci sono state regalate istituzionalmente ventiquattro ore in più. Ore per pensare a nuovi sogni, per fare nuovi progetti, per ricordare chi non c’è più, per amare più intensamente chi c’è ancora. Forse c’è troppa poesia in una semplice nozione da calendario, è vero, ma un monito del tempo alle volte ci occorre, un tempo così puntuale nel farci capire le cose in ritardo.