Operaio tentò di darsi fuoco Alla sbarra per il taglierino

«Ero lì, ero in macchina. Ero bagnato di benzina con l’accendino in mano». Storia di una caduta e di una rinascita quella ascoltata ieri mattina in aula a Varese davanti al giudice di Varese .

A parlare un operaio di Besozzo, 51 anni, imputato di possesso ingiustificato arma da taglio al termine di quel drammatico 9 febbraio 2010. Rimasto senza lavoro, con un mutuo da pagare appena contratto sulla casa, una moglie e tre figli minorenni, l’operaio era andato in auto sino a Laveno Mombello. Si era fermato davanti alla sede della sua ex azienda: «Ho chiesto di parlare con il responsabile del personale – ha raccontato ieri in aula seduto accanto al suo legale – Volevo pregarlo di riprendermi: avevo un disperato bisogno di quel lavoro. Ero sì, disperato».

Davanti al rifiuto di concedergli il colloquio, cassata ogni speranza di vedere anche soltanto una piccola luce in fondo a quel tunnel buio, l’operaio si è versato della benzina addosso: «Io volevo farla finita – ha detto – Volevo soltanto che finisse. Volevo bruciarmi non fare del male a nessun altro. Poi i carabinieri hanno parlato con me: mi hanno convinto a consegnare l’accendino». È a quel punto che i militari trovano sul sedile posteriore dell’auto dell’uomo un taglierino: lama sei centimetri di lunghezza.

Ed è scattata la denuncia. “Perché ce l’aveva?”, ha incalzato il pm d’udienza . «Lo usavo al lavoro, per tagliare la carta – ha detto l’imputato – Lo portavo via la sera, lo tenevo in macchina. Lo portavo via perché altrimenti non l’avrei più ritrovato il giorno dopo. Non ricordo perché quella mattina fosse sul sedile. Non ricordo molto: forse l’ho usato per aprire qualcosa. Ma non l’ho impugnato, non l’ho puntato addosso a nessuno. In mano aveva soltanto l’accendino». L’operaio ha raccontato anche la sua difficile risalita: «In cura contro la depressione – ha detto al giudice – Oggi va meglio, ma è sempre molto dura. Frequento di corsi di formazione per ampliare le possibilità di trovare un lavoro. E ho iniziato a dedicarmi al volontariato: presto servizio in una struttura per anziani dializzati. Aiutare gli altri mi piace».

Lo stesso pm ha chiesto il minimo della pena: un’ammenda da 800 euro. Il giudice ha accolto la richiesta della difesa: «Assoluzione piena. Perché il fatto non sussiste». E appena fuori dall’aula l’operaio ha ringraziato l’avvocato: «Adesso devo soltanto continuare ad andare avanti», ha mormorato.

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