Giro di vite per i ciclisti maleducati: il ministero dei Trasporti inasprisce i provvedimenti contro chi non rispetta le regole. È Alessio Nicoletti, consigliere comunale di Movimento Libero a sottolineare sul suo profilo Facebook: «Questa è stata una nostra vecchia battaglia», aggiungendo: «Credo che la polizia locale, al pari di quanto avviene per gli automobilisti, debba incrementare i controlli anche sui ciclo amatori».
Gli fa eco di Ciclocittà, associazione che del ciclismo amatoriale educato e sicuro ha fatto una bandiera. «Le norme non è che siano così innovative – commenta – Qui si tratta di decidere se multare o meno. Io credo che il ciclista maleducato, che crea situazioni di pericolo o anche solo insicurezza, debba essere fatto saltare giù dalla bicicletta». Ma cosa prevedono queste novità? Vengono considerati fuorilegge i gruppi di ciclisti in tenuta sportiva che circolano affiancati sulle strade carrabili con biciclette da corsa e mountain bike senza dispositivi di segnalazione visiva e campanelli.
Inoltre i ciclisti, in caso di strade aperte al traffico, devono anche procedere su unica fila in tutti i casi in cui le condizioni della circolazione lo richiedano e, comunque, mai affiancati in numero superiore a due. E quando circolano fuori dai centri abitati devono sempre procedere su unica fila, salvo che uno di essi sia minore di anni dieci e proceda sulla destra dell’altro. L’invito di Nicoletti a eseguire maggiori controlli anche nei confronti dei cicloamatori ha raccolto in rete parecchi consensi. Che vi siano ciclisti maleducati «purtroppo è noto», aggiunge Ferrari. C’è chi suggerisce di multare, anche in modo salato, i ciclisti che non indossano il casco di protezione o che, e purtroppo accade spesso, che non si fermano al semaforo rosso mettendo a rischio la propria e l’altrui sicurezza. Infine c’è chi propone di targare le bici «così come avviene in Svizzera». Ma c’è anche chi sottolinea come, talvolta, gli stessi ciclisti debbano combattere con problematiche «quali la pericolosità dei tombini, che in Italia per i ciclisti non vanno bene», e sono pericolosi per chi circola su due ruote. E chi rimarca l’assenza di strutture adeguate per consentire ai cicloamatori di fruire davvero di una città o un territorio. «Per contro – conclude Ferrari – dovrebbero essere adottati accorgimenti che in altri paesi d’Europa sono la regola. Come il limite dei 30 chilometri orari nei centri abitati, delle corsie ciclabili nelle città, l’accesso alle corsie riservate ai bus anche ai ciclisti».