Guadagnare più del Capo dello Stato, senza voler considerare il presidente Usa, superando di 15 volte il reddito medio di un lavoratore e travalicando più di quanto consentito, per legge, a qualunque dirigente pubblico è un privilegio riservato ad alcuni dirigenti sindacali. E se c’è chi si permette di infrangere l’omertoso silenzio fa la fine Fausto Scandola; viene espulso! Espulso perché ha voluto rendere trasparente quanto accade fra le segrete stanze del sindacato Cisl. Non si punisce chi accetta la connivenza con queste ingiustizie ma chi si “permette”
di rivelarle. Il diritto di privacy, a chi svolge ruoli pubblici, non si applica in nessun paese civile, ma da noi non è cosi ed è per questo che, ancora oggi, non è dato di sapere chi sono i 17.319 sindacalisti che beneficiano delle “pensioni d’oro” ottenute tramite il contributo, anche di un solo mese, pagato dalle organizzazioni sindacali, che è andato ad integrare la pensione; beneficio derivato dal decreto 564/’96. Come al solito una responsabilità oggettiva ce l’ha anche la politica per non aver mai voluto applicare l’art. 39 della Costituzione che disciplinasse diritti e doveri dei sindacati obbligandoli, tra l’altro, alla democrazia interna e alla trasparenza finanziaria. Non credo sorprenda nessuno il fatto che se manca il bilancio consolidato è naturale poter aggirare tutte quelle informazioni che potrebbero ricondurre alle reali retribuzioni dei vari dirigenti. Si può stimare, sui dati degli iscritti, che le entrate possano aggirarsi sui 1.200 milioni di euro; ma le uscite non è dato di sapere. Eppure la soluzione sarebbe semplice; è sufficiente istituire un organismo pubblico, come in Gran Bretagna, che disponga di un elenco ufficiale degli iscritti ai sindacati esercitando il diritto di accesso ai bilanci.