LAVENA PONTE TRESA «Impedire alle agenzie di collocamento italiane di reperire manodopera per il mercato del lavoro ticinese». È questa l’ultima battaglia portata avanti dalla Lega dei Ticinesi e dal suo leader e fondatore Giuliano Bignasca. Che, proprio grazie alle sue battaglie antifrontalieri e contro la libera circolazione, si è guadagnato la palma di primo partito politico del Ticino.
Così, nelle scorse ore, dalle colonne de “Il Mattino”, l’organo di stampa domenicale della Lega dei ticinesi, è arrivata la nuova provocazione. Pensata per mettere un freno al ricorso da parte delle imprese svizzere alla manodopera proveniente dal Varesotto e dal Comasco. «Per contenere il crescente tasso di disoccupazione tra i ticinesi – sottolineano infatti i leghisti di oltreconfine – occorre impedire alle agenzie di collocamento italiane di reperire manodopera».
Considerazioni arrivate dopo una prova sul campo. «Ci siamo avventurati tra le varie agenzie di collocamento italiane per cercare di inquadrare il fenomeno e quello che ne è venuto fuori è abbastanza sconcertante – si legge nell’editoriale – : le offerte di lavoro destinate ai frontalieri sono infatti sempre di più, molte anche da aziende che hanno licenziato dipendenti con la scusa del “siamo in un momento di crisi e dobbiamo ridurre il personale”. Altre offerte invece sono semplicemente ridicole: talmente basse che probabilmente non potrebbero essere prese in considerazione neppure dai frontalieri “della
prima ora”. E a volte si richiede anche esplicitamente la condizione di frontalieri, giusto per mettere le cose in chiaro».
Nel mirino ci sarebbe così una sorta di speculazione: con un corsia preferenziale riservata ai frontalieri proprio per la possibilità di contenere i loro salari. Anche perché, proseguono dalla Lega dei Ticinesi, «se da un lato capiamo come le agenzie di lavoro italiane facciano semplicemente il proprio lavoro, mentre gli aspiranti frontalieri invece lo cerchino, dall’altro non possono accettare che i ticinesi siano costretti a competere con dei “morti di fame” (quasi letteralmente), e a pagare le conseguenze della crisi di Fallitalia».
Così, la Lega dei Ticinesi parla senza risparmiare offese ai frontalieri, ma questa volta accusa anche le aziende ticinesi di licenziare senza freno i lavoratori autoctoni per poi approvvigionarsi, a costi minori, dalla vicina fascia di confine. Posizioni bollate ovviamente dai sindacati «come prive di senso e lontane anni luce dalla realtà della dinamica reale del mercato del lavoro, aperto alla libera circolazione in base agli accordi con l’Unione europea, e che necessita di frontalieri in diversi settori chiave».
b.melazzini
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