– Una discussione sulle prospettive dell’impresa italiana in uno dei luoghi simbolo dell’innovazione in provincia di Varese. Ha offerto molti spunti interessanti ieri sera la presentazione al Faberlab di Tradate del libro “Cacciavite, robot e tablet”, scritto da Dario Di Vico (editorialista e inviato del Corriere della Sera) e Gianfranco Viesti (docente di Economia internazionale all’Università di Bari).
All’incontro, moderato dal giornalista Michele Mancino, sono intervenuti lo stesso Di Vico e due giovani imprenditori del Varesotto: Simone Maccagnan della Gimac di Castronno e Alessio Travetti della Travetti srl di Arcisate.
«Non esiste luogo più adatto di Faberlab per parlare di modi nuovi di fare impresa», ha introdotto l’incontro Davide Galli, presidente di Confartigianato Imprese Varese, sottolineando lo spirito innovativo che anima l’officina digitale delle idee di Tradate.
E i modi nuovi di fare impresa di cui parla Galli sono proprio quelli che sanno coniugare i saperi e le esperienze del passato con l’utilizzo delle tecnologie più moderne: dal cacciavite al tablet, appunto. «La sfida è proprio questa – sottolinea Galli – le tipologie tradizionali di lavoro devono sapersi integrare con le nuove tecnologie. Ma è tutt’altro che una sfida impossibile. Non è forse nel Dna degli artigiani la capacità di innovare, sperimentare, ingegnarsi per risolvere sempre nuovi problemi? Sembra strano ritrovarsi a parlare di piccole imprese che sfidano la globalizzazione, ma è qualcosa che non ci deve spaventare, perché gli artigiani si sono sempre misurati con l’innovazione e la sperimentazione».
Insomma, la sfida si può vincere, soprattutto se – rimarca ancora Galli – le nuove imprese «sapranno puntare sull’impiego di giovani laureati, o comunque su figure qualificate, e su pratiche virtuose come l’apprendistato e l’alternanza scuola-lavoro».
Se è vero che le nuove imprese, per riuscire a competere sul mercato globale, devono saper utilizzare con altrettanta competenza il cacciavite e il tablet, è altrettanto vero che, in qualche caso, è necessario compiere anche il percorso inverso: dal tablet al cacciavite. Galli spiega: «Anche l’università e la ricerca devono saper scendere dal piedistallo e andare verso le imprese». E si tocca la nota dolente di una preparazione universitaria spesso non adeguata alle reali competenze richieste dal mondo del lavoro.
In provincia di Varese sono comunque tante le realtà che hanno dimostrato di sapersi misurare con i mercati internazionali.
Maccagnan e Travetti hanno raccontato le loro esperienze, rispettivamente nella componentistica destinata alla chirurgia non invasiva e nella valigeria. «Due begli esempi, non così frequenti, di staffetta generazionale riuscita», ha osservato Dario Di Vico, esperto di economia reale del Corriere e fautore di una politica industriale “on the road”, cioè non imposta dall’alto, ma capace di misurarsi con il concreto mutare delle condizioni del mercato.
«La speranza è che le nuove start up stiano generando anche un nuovo ciclo di imprenditoria –
osserva Di Vico – Gli operai del passato sono stati bravi ad affrontare la discontinuità elettronica. Meno semplice, anche per questioni generazionali, sarà per quelli di oggi misurarsi con la discontinuità prodotta dall’avvento del digitale. Ma da questo punto di vista la Confartigianato Varese si dimostra sempre avanti».
Durante il dibattito si è parlato anche delle nuove opportunità offerte ai Comuni che si fondono: «Possono godere di una deroga di 5 anni sul patto di stabilità – nota Di Vico – Con i risparmi si possono fare investimenti importanti sul territorio».
Nella numerosa platea era presente, tra gli altri, anche il presidente nazionale di Confartigianato Imprese, Giorgio Merletti.