– Openjobmetis e la sfida della crescita: alla Liuc la case history del gruppo nato in provincia di Varese. La quotazione in Borsa, «il coronamento di un sogno» per il fondatore e amministratore delegato Rosario Rasizza non è un punto di arrivo: «Il nostro settore ha ampi margini di crescita. Il prossimo passo sarà ribaltare il concetto, dalla persona in affitto alla mansione in affitto».
Al master di secondo livello in Cfo – Direzione Amministrazione,
Finanza e Controllo di Gestione dell’università Cattaneo di Castellanza la “lezione aperta” di Rosario Rasizza, che ha presentato uno dei casi più brillanti di crescita aziendale che si sono visti negli ultimi lustri in provincia di Varese. «Più un’azienda cresce – il suggerimento – più deve managerializzarsi, mettendo le persone giuste, veri professionisti, al posto giusto. Noi imprenditori dobbiamo poter fare altro».
Uno dei segreti della “sua” Openjobmetis – nata da zero «in uno scantinato di Barasso» quindici anni fa e giunta a coronare il «sogno» dell’ingresso nel listino Star di Piazza Affari, lo scorso autunno (con circa 600 dipendenti e un fatturato da 450 milioni), che Rasizza definisce «un passo faticosissimo, ma maturato già nel business plan del 2001» – è anche quello di «fermarsi a pensare».
Sì, proprio così: da quando è partita l’avventura della quotazione, Rosario Rasizza rivela di aver «affittato un piccolo ufficio a Milano. Dove vado solo per pensare, tranquillamente, in silenzio: per capire dove posizionare l’azienda, per fare strategia. Posso permettermelo una volta ogni tanto, avendo responsabilizzato la rete dei collaboratori con cui lavoro da 15 anni». E dopo lo sbarco a Piazza Affari, Rosario Rasizza delinea un futuro ottimistico: «Operiamo in un mercato, quello delle assunzioni con contratto di somministrazione, che oggi in Italia vale l’1,56% dei lavoratori, mentre in Europa questo dato è all’incirca più del doppio. Significa che c’è un potenziale di crescita».
La concorrenza, dominata dalle multinazionali, non fa paura: «Il futuro? Non andremo all’estero – fa sapere Rasizza – sarebbe un’operazione che non ci darebbe valore aggiunto, dato che dal punto di vista giuslavoristico i sistemi sono diversi e questo comporterebbe per noi un aumento dei costi. Il nostro modello rimane quello di servire la piccola e media impresa italiana. E siccome nel nostro Paese ci sono 58 agenzie di lavoro con un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro che fanno fatica a stare sul mercato, una strada sono le acquisizioni per linea diretta o per fornitura di servizi prima e dopo, come ad esempio la gestione delle buste paga oppure il mondo della ricerca e selezione, oggi fatto soprattutto da piccoli operatori radicati sui territori di riferimento».
Ma soprattutto, una delle leve per innovare il settore, secondo Rasizza, deve passare per l’idea di «ribaltare il concetto guida con cui operiamo oggi. Dall’affittare la persona ad affittare la mansione: assumo io come agenzia di lavoro le persone professionalizzate e le affitto alle piccole e medie imprese. Pensiamo a figure come l’export manager o il credit manager, che le Pmi oggi non hanno la forza di assumere autonomamente».