Io, papà di un ciclista in ammiraglia dietro a mio figlio lo salvo dai pericoli

L’editoriale di Domenico Alafaci

Domenico Alafaci, papà di Eugenio, unico ciclista varesino al Giro d’Italia, ha seguito ieri la cronometro del figlio dall’ammiraglia della sua squadra. E così ci racconta la magia della corsa.

Seguo Eugenio fin da quando è salito per la prima volta in bicicletta con la maglia della San Pietro Cassano Magnago e ieri ho vissuto una delle emozioni più intense che mi potessero capitare.
Nella cronometro del Chianti al Giro d’Italia, in mezzo alle strade strette e alle colline senesi, ho potuto ammirare la prova di mio figlio direttamente dall’ammiraglia. Ero in corsa, proprio dietro di lui, e ho avuto la possibilità di dargli consigli,

di seguirlo metro per metro per tutto il tragitto. Peccato solo che mi si sia scaricato il telefono poco dopo l’inizio della sua prova avrei voluto filmarlo e fotografarlo di più. In alcuni frangenti ho avuto anche paura di vederlo pedalare così, sull’asfalto bagnato, mentre impostava le curve o sfiorava i guard rail. L’ho addirittura visto sbandare e mi è venuto un colpo. Perché quando ci appostiamo a bordo strada per vedere passare i ciclisti, sfrecciano e a malapena riconosci chi sono, dall’ammiraglia invece è tutta un’altra cosa.
È stata un’emozione veramente grande per me perché l’ho vissuta come se fossi in gara e vi faccio un esempio: mia figlia, che era al traguardo assieme a mia moglie e a mio genero, ci ha comunicato che a pochi metri dall’arrivo c’era una curva a gomito in cui in molti corridori cadevano per l’asfalto bagnato. Ho messo la testa fuori dal finestrino ed ho avvisato subito Eugenio, che si è prima fatto una risata e poi effettivamente ha impostato la curva nel modo giusto, senza cadere.
Alla guida dell’ammiraglia c’era Daniel, un ragazzo australiano che fa parte dello staff della squadra, mentre devo ringraziare il direttore sportivo Adriano Baffi che mi ha regalato questa incredibile opportunità, è stato un pomeriggio indescrivibile. La Trek è una grande famiglia e sono felice che mio figlio ne faccia parte da tanti anni.
Per me questo Giro d’Italia è una gioia, una festa, abbiamo seguito ogni tappa da Catanzaro fino a qui, anche perché la mia salute me lo ha permesso: dentro me ho un grande entusiasmo in questi giorni, perché prima di partire ho avuto la notizia di essere guarito da un tumore, e mi sono potuto gustare davvero con piacere queste tappe al seguito di mio figlio.
Ripenso al percorso che Eugenio ha fatto da quando era piccolo, ha iniziato a otto anni nella San Pietro, che è stata anche la squadra di Ivan Basso, grazie alla passione che io ho sempre avuto per la bicicletta. A volte, durante le gare infrasettimanali, riuscivo a trovare un buco lavorativo e mi presentavo alla partenza in giacca e cravatta per vederlo. Mi viene in mente il Giro di Bretagna, la sua prima gara da professionista.
È stupendo pensare a quante cose sono passate, soprattutto ora che ho potuto seguirlo in ammiraglia durante una tappa del Giro d’Italia. Adesso per chiudere al meglio la corsa rosa, per noi e per lui, sogniamo una vittoria di Giacomo Nizzolo, che è un grande amico e compagno di squadra di Eugenio. Crediamo molto nell’amicizia, e se Giacomo dovesse vincere una tappa, per noi è come se la vincesse Eugenio.