La classifica è lì da vedere: fa paura, fa una paura pazzesca. E a fare ancora più paura è tutto il resto, il contorno: le facce spente, una partita trasformata in un allenamento, un atteggiamento di rassegnazione che mette la pelle d’oca. Diciamolo, e diciamolo davvero: oggi Varese è la più seria candidata alla retrocessione. Non vediamo una squadra messa peggio, non riusciamo a immaginare come questo gruppo spento e impaurito possa risvegliarsi e tornare a vincere qualche partita.
Oggi Varese è retrocessa: per fortuna il campionato non finisce oggi, e qualcosa si può fare.
Cosa? Innanzitutto cacciare via Daniel. Già è stato un insulto ai tifosi presentarlo a Reggio Emilia e farlo partire pure in quintetto (andava lasciato ammuffire in panchina senza nemmeno fargli togliere la tuta), ora il vaso è colmo. Dopo l’ennesima partita giocata in ciabatte condita da fesserie, schiacciate sbagliate e rimbalzi soffiati da sotto il naso venga lasciato direttamente a Malpensa.
Poi bisognerà prendere qualcuno al suo posto e stavolta i margini di errore sono davvero minimi, anzi: non c’è più margine. Dopo quella che si sta rivelando una mossa quantomeno azzardata come il cambio Robinson-Maynor, sbagliare non è più consentito. E davvero non vorremmo essere nei panni di chi dovrà scegliere il nuovo centro, vista la penuria di soldini a disposizione.
Poi bisognerà rendersi conto di quello che ci sta succedendo attorno: basta parlare di playoff (guardiamoci indietro una volta per tutte), basta minacciare di dimettersi (le dimissioni se è il caso si danno, non si minacciano tanto per fare un po’ di rumore), basta fare uscite pubbliche che hanno il solo effetto di mettere dubbi a una piazza che di dubbi ne ha già fin troppi. L’unica figura che in questo momento ha la capacità, l’esperienza e la credibilità per invertire la rotta è Cecco Vescovi. Ed è lui che dovrà trovare il modo e le parole (nello spogliatoio, in società, sui giornali e per strada) per farlo. Noi del Cecco ci fidiamo.
E veniamo a Pozzecco: a nessuno passi per la mente l’idea di mandarlo via o di accettare sue eventuali dimissioni. Di tutto c’è bisogno fuorché di una mossa che avrebbe l’unico effetto di svuotare il palazzetto e togliere a questi giocatori l’ultimo punto di riferimento che (almeno a qualcuno) è rimasto.
E alla fine, ma solo alla fine di tutto, diciamo che sì: è dura. È dura giocare ogni volta senza due o tre giocatori del quintetto. Dura davvero.