– Pronto soccorso tranquillo. Sembrerebbe quasi un ossimoro, in particolare dopo le ultime settimane di passione che hanno portato il polo varesino dell’emergenza al centro delle cronache non solo locali: accessi giornalieri oltre quota 150, tempi di attesa di quattro o più ore, ricoveri differiti anche di due giorni.
Eppure, queste tre parole descrivono perfettamente lo stato di quiete vissuto sabato notte, quando “La Provincia” si è messa in attesa come se fosse un normale cittadino, osservando, registrando ed ascoltando la vita ai confini dell’urgenza, in quelle che dovevano essere le ore più calde della settimana.
Così non è stato e di certo il caso ci ha messo lo zampino. Appare anche evidente, però, che i motivi che avevano portato al super lavoro del recentissimo passato – picco influenzale in primis – sembrano sulla via della risoluzione.
Una domanda tuttavia rimane: la maggioranza degli accessi notturni è avvenuta in codice verde o bianco, per malesseri a cura forse non differibile, ma certamente più ad appannaggio di una guardia medica o di un ambulatorio che non del pronto soccorso stesso.
I cittadini conoscono queste alternative? Ogni evidenza propenderebbe per il no.
Il nostro arrivo al presidio di Varese avviene mezz’ora dopo la mezzanotte. Sala d’attesa deserta: solo due persone occupano i sedili di metallo nell’androne.
/> Dormono, o almeno cercano di farlo, e non hanno l’aria di essere pazienti trepidanti per il loro turno.
Sugli schermi all’ingresso scorrono i dati momentanei e del pregresso: zero utenti ad aspettare, 14 tra persone in visita o in fase di ulteriori accertamenti, undici in codice verde e tre in giallo. Quasi sorpresi ci accomodiamo. Oltre il vetro ci sono le infermiere del triage, praticamente disoccupate: chiacchierano fra loro, scherzano; al gruppo si aggiunge presto anche un camice blu.
: arriva un uomo accompagnato dal figlio, lamentando dei dolori al petto. Subito viene registrato, poi immediatamente fatto entrare oltre le porte automatiche arancioni; ricomparirà poco dopo, la mano sul cuore ad attendere l’esito di un esame.
: arriva un’ambulanza, la barella viene condotta velocemente attraverso l’entrata riservata e sfugge ai nostri occhi. Il codice è giallo.
: a varcare la soglia è una bimba di Malgesso in braccio al padre.
I suoi accompagnatori – oltre al papa, mamma e sorella – tradiscono, nell’inflessione vocale e nel vestiario, la loro origine straniera.
La piccola ha mal di pancia: la sua destinazione dovrebbe al massimo essere il pronto soccorso pediatrico al Del Ponte, ma viene comunque visitata. Non è appendicite, per fortuna: la famiglia ringrazia ed esce.
: anziano diabetico proveniente da Albiolo (Como), mal di testa e confusione. Entra, esce, rientra.
: ragazza giovane con fidanzato e amico. Ha dolori ai reni ed un po’ di nausea.
Le viene dato il contenitore per l’esame delle urine, poi è fatta accomodare all’interno. Dopo l’arrivo di un’altra ambulanza (signore di mezza età in codice giallo per malore), ecco un altro malessere addominale: la prassi è la stessa del precedente intervento.
Dopo due ore e trenta minuti di osservazione (usciamo verso le 3) il resoconto è questo: nove accessi totali, due codici gialli arrivati in ambulanza, due bianchi e quattro verdi.
La notte che ogni medico di emergenza vorrebbe avere. All’uscita, tre di questi pazienti vengono brevemente intervistati: perché non avete chiamato la guardia medica? I volti perplessi sono la risposta.