Il limite al numero dei frontalieri, per ora solo sulla carta, non smette di preoccupare. E non solo i lavoratori del Varesotto in Canton Ticino. Ad allarmarsi, se possibile in misura maggiore, sono proprio i loro datori di lavoro. Primi fra tutti gli industriali svizzeri. Che proprio grazie alla qualità della manodopera specializzata proveniente dalle province di confine hanno fatto parte delle loro fortune.
È quanto emerge dall’ultimo incontro dell’Associazione industria ticinesi (Aiti) convocato per fare il punto della situazione in vista dell’assemblea di aprile.
«Sono tanti? Non è colpa nostra»
Il mercato del lavoro ticinese, infatti, è stato analizzato invece dal direttore Stefano Modenini. Con particolare riferimento al voto del 9 febbraio. Sciorinando dati è così emerso come l’industria, negli ultimi 30 anni, abbia visto un aumento dei frontalieri molto contenuto. Sono infatti passati da 15mila a 16.500. Gli altri, e si parla di quasi 40mila, sono altrove. Ora così a preoccupare è la situazione sul fronte interno, quello elvetico, a causa del ritorno dei contingenti per la manodopera estera dovuto al voto del 9 febbraio e della prossima votazione sul salario minimo.
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