C’è chi chiede più diritti. E chi è pronto a rinunciarvi. La nostra società sta vivendo una crisi di valori senza precedenti e c’è, soprattutto in determinati ambienti politici, chi vede il riconoscimento delle coppie gay, dei diritti delle persone di diverso orientamento sessuale, come uno dei sintomi di questa crisi. Niente di più sbagliato.
Spiace dover evidenziare ciò che è, o dovrebbe essere, palese, ma riconoscere e aumentare i diritti delle persone che compongono una comunità
non porta certo alla crisi della stessa. Semmai l’esatto contrario: una società è in crisi quando deve alzare le barricate e arroccarsi su posizioni dure e intransigenti, di chiusura mentale, perché non sa affrontare il cambiamento. Quando si levano gli scudi, non per difendersi da un nemico esterno, ma contro i nostri vicini di casa, contro le persone che ci vivono accanto, questo è sintomo di una crisi.
Le campagne antigay portate avanti più per opportunismo politico che per veri ideali (io so cosa sia un ideale, chi porta avanti queste campagne lo sa?) mostrano tutta la fragilità del sistema di una parte politica ormai al collasso dei valori, che, incapace di proporre idee per la propria comunità di italiani, preferisce creare un nemico interno, invisibile, pronto a colpire in ogni momento, per proporre quindi agli elettori la “cura” e far man bassa di voti raccolti sulla paura.
Quando le uniche cose di cui dovremmo aver paura sono l’ignoranza e la cattiveria insita in certe persone pronte a strumentalizzare l’ignoranza.
Perché non riconoscere i diritti delle coppie di diverso orientamento sessuale ci fa compiere un salto indietro a livello di civilizzazione senza precedenti. E qui entra in gioco l’altro fattore, quello di chi è pronto a rinunciare ai diritti. Un diritto è il riconoscimento di una libertà della persona che ha il proprio limite finché non lede la libertà altrui.
Se iniziassimo a dire che due persone dello stesso sesso non hanno il diritto di amarsi (e per diritto si intende che lo Stato deve riconoscere ufficialmente la possibilità che queste due persone possano volersi unire giuridicamente), conquiste sociali come il divorzio non sarebbero più scontate. La negazione del diritto alla libertà di amare è figlia della stessa mentalità che di fronte a uno stupro non cerca subito giustizia contro lo stupratore, ma cerca per il colpevole le attenuanti e tenta di addossare colpe alla vittima. È figlia del più becero maschilismo che riduce le donne, il “sesso debole” come è sempre stato chiamato, a oggetto subordinato all’uomo.
Si parla tanto di sicurezza in questa città, e non c’è dubbio che occorra aumentarla. Ma una donna non sarà mai libera e sicura di andare in giro a tarda ora senza rischiare di essere aggredita finché anche due uomini o due donne, gay, non potranno andare in giro mano nella mano senza attirare critiche, sguardi offensivi o scherno.
Ieri Varese è stata in prima fila per la Giornata Internazionale contro l’Omofobia. Tra un mese il primo Pride nella storia di Varese riempirà di colori il centro. Varese è una città aperta al progresso, molto più di quanto pensi chi la vorrebbe vuota e incolore.