Fedele e preciso come i rintocchi del campanile della basilica, o, per chi lo preferisse, del santuario di santa Maria di Piazza, torna nelle mani dei lettori La Provincia di Busto. E dopo il primo numero che, all’insegna della miglior tradizione cittadina, ha unito nella fedeltà alla tradizione il concreto progetto di un futuro responsabile, oggi focalizziamo l’attenzione sullo sport.
Lo sport come metafora della vita. Lo sport come espressione di vitalità. Lo sport come sintesi e testimonianza di valori e di impegni individuali,
sociali e collettivi. In questi ultimi dieci anni, in cui da tifoso ed appassionato sono stato spesso costretto a trasformarmi in primo tifoso e, spesso, primo centro di sollecitazioni, critiche, entusiasmi e proteste, ho, se possibile, nell’alterna successione di sofferenze, felicità, costernazioni e soddisfazioni, potuto assaporare, conoscere, appassionarmi e contribuire ad una Città che, non più tardi di qualche mese fa, è stata definita, obtorto collo, la vera capitale lombarda dello sport popolare o meno, maggiore o minore.
Comunque sport e lo sguardo, l’attenzione, la condivisione, con tutto ciò mi fa dire che, insieme, molto si è costruito, molto si è progettato, molto si è immaginato, tantissimo si è condiviso.
Molto, insieme, abbiamo giorno dopo giorno, realizzato. Anche qui, alternando e unendo contenitori e contenuti, ambienti e soggetti, habitat e società. E abbiamo soprattutto inserito lo sport in quel disegno di sviluppo e di inclusione che ha costituito il mantra quotidiano di un’esperienza indimenticabile.
Ripeto: l’abbiamo fatto insieme, dove insieme vuol dire giovani e meno giovani, fortunati e meno fortunati, professionisti e dilettanti, famiglie e dirigenti, allenatori e giocatori
Ma l’abbiamo fatto non solo per sport. Una superficiale allocuzione diffusa, un luogo comune spesso ripetuto senza attenzione, lascia credere che il farlo per sport non si accompagni all’impegno e alla precisione che esigono professionalità, attenzione, energia, concentrazione.
Ebbene, l’abbiamo fatto in anni in cui la massima espressione del calcio locale, l’amata e ultimamente spesso vituperata Pro Patria si è trovata a vivere, pur in uno stadio, il Carlo Speroni, ricco di storia e gloria e, non più tardi di quattro anni fa, proposto dal Ministero dell’Interno e dalla Federazione Gioco Calcio come sede permanente per campionati di serie B, uno dei periodi più bui della sua storia.
Eppure, ciò, oltre a farci toccare il sogno della B, col magic dream, purtroppo poi diluitosi in questioni non certo commendevoli, ci ha permesso di apprezzare la generosità di un popolo di tifosi che ha oggi spinto, dopo anni di indifferenza cittadina per la guida della società, Patrizia Testa a generosamente garantire una continuità per la maglia più bella del mondo.
Ma, accanto a ciò, è stato un pullulare di nuove e sempre più radicate iniziative di successo, di condivisione, di formazione, di educazione e anche di sostenibilità e di marketing. Con precisi ritorni economici per la comunità e il territorio. In queste pagine troverete la possibilità di approfondirne alcune, conoscerne altre.
Mi auguro anche di stimolarvi ad unirvi al tanto filo e al tessuto del telaio sportivo in un panorama che, per varietà di sfumature e colori, si situa tra il più splendente arcobaleno e il miglior pezzo di Missoni.
Come non sottolineare il triplete del volley femminile ed un palazzetto, il PalaYamamay Maria Piantanida, trasformatosi in tempio della pallavolo nazionale ed europea, sede di ben due campionati europei maschile e femminile, costante presenza di famiglie, appassionate, unite e caratterizzate da un fair play riconosciuto? Ma anche sede di trionfi sportivi all’interno di una parabola di costante crescita che ha trasformato ciò che qualcuno solo dieci anni fa definiva cattedrale nel deserto, ripeto, in vero tempio di successi nazionali ed internazionali.
E di unione tra pubblico, privato, atleti, famiglie, giovani e meno giovani, permettendo a Busto di insediarsi sul tetto d’Europa.
Come dimenticare il poliplesso di via Manara, oggi, grazie a un’intelligente sinergia pubblico-privata, garanzia di unione tra la storia natatoria pallanuotistica di nuoto sincronizzato locale con il felice connubio con la serie A e la Champions?
Poliplesso intitolato a , nostro concittadino, prematuramente scomparso avendo offerto di sé ottime prove in campo sportivo, sociale, imprenditoriale e politico.
Anche qui formazione, educazione, agonismo, dilettantismo e sport quotidiano per più o meno fortunati.
Ma come dimenticare la scherma? Con la Pro Patria Scherma, la più antica società lombarda nel settore, società che ha portato a campionati del mondo e olimpiadi diversi atleti a cui la Federazione Scherma, tra le federazioni più ricche di ori olimpici, riconosce primati difficilmente eguagliabili e che quasi ogni settimana ospita manifestazioni regionali, nazionali ed europee, sia per professionisti che per specialità paraolimpiche? Pro Patria Scherma che, accanto alla splendida palestra di via Galvani, in un connubio unico con il museo del Tessile, ospita anche l’Agorà della Scherma, unico esempio europeo di museo storico dell’arte della scherma e delle sue evoluzioni italiane, soprattutto, e straniere.
Inserita nel circuito internazionale di Expo è ormai quotidianamente visitata da studenti, turisti italiani e stranieri anche di altri continenti. ne è stato un figlio ed è l’ultimo medagliato olimpionico bustocco.
Oggi, che ci approcciamo alle Olimpiadi di Rio, rappresenterà i colori della Città per la ginnastica artistica, per la Pro Patria Ginnastica, altra società ultracentenaria, che tanta parte ha nella storia, nel presente e nel futuro di Busto.
E che, giustamente, esige un’attenzione per la sua sempre entusiasmante presenza per i giovani, con professionalità e a parziale riconoscimento di un credito con la Città, ampiamente maturato nell’’ultimo secolo.
Ma come dimenticare la Master Boxe in pochi mesi divenuta un punto di riferimento con una palestra della nobile arte che la Federazione di pugilato ha consacrato, quotidianamente frequentata da giovani, e, solo pochi giorni fa, sede di un’esibizione dell’ormai popolarissimo Fragomeni?
E poi ancora il progetto di campus di calcio a suo tempo predisposto per la Pro Patria di Vavassori e mai controfirmato e valorizzato. Oggi riproposto dall’uscente amministrazione con la condizione che si trasformi in un luogo attento, soprattutto alle formazioni giovanili, in vicinanza e comunità con lo Speroni e che sappia costituire un vero pacchetto di mischia per tutte le società minori cittadine e i loro giovanissimi praticanti, in una felice unione tra appartenenze che non sono condizione di dissidio e isolamento, ma garanzie di competizione seria e unità di intenti.
Proprio come la manifestazione di sabato scorso, in cui, indossando la maglia del proprio cuore, bambini di 11 anni si sono confrontati al Carlo Speroni con un’unica passione e un’unica finalità. Insieme per lo sport. Insieme per la vita, nel nome di una vera solidarietà.
Potremmo continuare a lungo, ricordare l’Accademia dello Judo, sorta anch’essa con felice connubio pubblico – privato, le enormi soddisfazioni nazionali ed internazionali dell’Accademia Bustese pattinaggio e delle altre società “a rotelle”, il football americano e anche gli sport del ghiaccio.
Che per ora, dopo alterne fasi di insuccessi provinciali, la Città ha, assumendosene in parte l’onere di altri, posto a base di un progetto di finanza approvato e sottoscritto.
Nel nome dello sport, dell’educazione, dell’economia. Dell’attrattività. Ma anche della sostenibilità. La vera sfida del presente e del futuro. Non solo per Busto e non solo per sport.