– «Al liceo portavo l’eskimo. Tutto avrei pensato, ma non di lavorare nella moda». , amministratore delegato della maison Valentino, ieri ha raccontato la sua carriera agli studenti di quinta, nell’incontro “Dal Ferraris a… i vertici della moda mondiale” organizzato dall’associazione Alumni liceo Ferraris. Sassi, nato a Varese nel 1960, frequentò il liceo scientifico negli anni della contestazione. Non a caso indossava l’eskimo, simbolo delle rivolte studentesche. «All’università avrei voluto studiare filosofia – ha spiegato Sassi – Fu la mia famiglia a spingermi verso qualcosa di più concreto e quindi mi iscrissi alla Bocconi, in un corso di macroeconomia frequentato da 120 studenti». Quelli furono anni di duro studio, trascorsi – usando le parole di Sassi – «con serietà, impegno, ma scarsa convinzione». «Studiavo perché sono sempre stato determinato e responsabile, ma sentivo che non c’ero fino in fondo».
Sassi, infatti, sentiva «il bisogno di entrare a capofitto nelle cose», «di trovare un ambito dove poter gestire un progetto, riversandovi tutte le energie». Da qui il lavoro in un’azienda informatica e poi ancora l’ingresso in università, questa volta per un master. «Grazie a quel master abbi l’occasione di lavorare in una società di consulenza importante dove imparai a capire come funzionano le grandi aziende». La proposta di prendere in mano la maison Valentino è
arrivata nel 2006, a 45 anni di età. «Mi dicevano tutti se ero matto a lanciarmi in quella avventura, che costituiva un rischio pazzesco – ha raccontato Sassi – Si trattava di rimodernare il marchio, ma coerentemente con il passato, tenendo il mondo di Valentino come riferimento». Adesso, Sassi può dire che l’impresa è riuscita: «Quando ho preso in mano il marchio Valentino aveva un fatturato di 230 milioni di euro. Oggi, di un miliardo. In pratica, l’abbiamo quadruplicato». Come è stato possibile arrivare a tanto? Secondo Sassi la ricetta è «scegliere gli ambienti giusti»: «Stare sempre al limite delle proprie capacità, stimolandosi continuamente a migliorare, come in una piscina dove o nuoti o affoghi». Fino a una confessione: «I primi anni due anni in cui ho lavorato come consulente ero convinto che ogni giorno sarebbe stato quello in cui mi avrebbero licenziato. Questa continua corsa con me stesso mi ha permesso di crescere». Un altro fattore che è stato determinante per Sassi è stata la sicurezza in se stesso: «A 18 anni non mi aspettavo che avrei maturato questa sicurezza, ma ho sempre avuto un carattere determinato e tanta voglia di fare. In più, sono sempre stato molto responsabile».
Tornare nelle aule del suo liceo, per Sassi, significa fare un vero e proprio viaggio nel tempo. Catapultarsi dalla vita di tutti i giorni, «dove sono in vetrina e tutti aspettano di vedere se ce la fai o ti schianti», a quel liceo di provincia da cui il suo futuro ha preso il volo. Adesso Sassi gira il mondo. Da Dubai al Giappone porta con orgoglio il made in Italy: «Io credo che bisogna sempre mettersi alla prova, ma con serenità. Nella mia vita ho visto molte persone più intelligenti e preparate di me, ma non ho mai pensato di non poter diventare come loro. Non sono uno yuppie. Sono competitivo, ma per contenuti seri». Un ragazzo ha alzato la mano e ha chiesto a Sassi se la filosofia che tanto amava avesse avuto un ruolo nella sua carriera. La risposta: «Certo, la moda è arte applicata». Come dire che tutto torna. Forse anche quell’eskimo indossato sognando di cambiare il mondo.