Bruciò la casa del padre: condannato

Due anni e sei mesi che il trentaduenne sconterà ai domiciliari: per il giudice non fu tentato omicidio. Non accettava la separazione dei genitori. Perdonato dai familiari dopo il suo pentimento in aula

Aveva dato fuoco alla casa del padre: condannato a due anni e sei mesi di reclusione da scontare agli arresti domiciliari. Il pubblico ministero aveva chiesto una condanna a otto anni per tentato omicidio; il gup ieri ha invece accolto la richiesta di , difensore dell’uomo, che aveva chiesto la riqualificazione del reato in lesioni e della doppia accusa di incendio doloso trasformata nel più leggero capo di imputazione di danneggiamento.

Il protagonista della vicenda, un operaio di 32 anni da qualche tempo residente a Oleggio, era stato perdonato dal padre per l’accaduto durante la scorsa udienza. La famiglia si era riunita in nome della comune volontà di aiutare il 32enne, che soffre di problemi psichici ed è sottoposto a cure specialistiche, in seguito alla rottura del rapporto con la fidanzata. Quello che ha portato il ragazzo al culmine del suo rancore contro il padre, sfociato il 18 ottobre 2014 in quell’incendio

appiccato all’abitazione paterna di Tradate mentre l’uomo, la sua nuova compagna e la giovane figlia di lei erano addormentati con rischio reale di una strage, è un percorso tormentato e assai sofferto. Il figlio non aveva mai accettato la separazione dei genitori (la mamma vive a Oleggio da tre anni), tanto che, dopo un anno di convivenza nell’abitazione di Tradate, aveva scelto di raggiungere la madre. Dopo l’arresto non aveva mai ammesso le proprie responsabilità. Lo aveva fatto invece in aula davanti al giudice, al pubblico ministero , all’avvocato difensore Marco Lacchin, al legale di parte civile , ma soprattutto davanti al padre e ai suoi familiari. Aveva ammesso sia di aver messo in atto comportamenti persecutori nei confronti del padre – come alcune scritte con lo spray fatte una notte sulla porta del garage, oppure il tentativo di incendio del tappetino di ingresso della casa, avvenuto a inizio agosto 2014 – e aveva ammesso di aver appiccato il fuoco quella notte, dopo aver sparso del liquido infiammabile. Ha ammesso e si è sinceramente pentito. Aveva parlato di conflitti irrisolti con il padre, questioni piccole che nel tempo si sono ingigantite, nate in seguito alla non accettazione da parte sua della separazione dei genitori, che si sono poi evolute scollegandosi dal fatto iniziale. Il 32enne aveva spiegato ogni cosa ma aveva messo il punto sul fatto di non aver mai premeditato un incendio di simili proporzioni. Insomma lui non voleva uccidere nessuno, aveva precisato. Era arrabbiato e non aveva pensato alle conseguenze. Non voleva dare fuoco alla casa, le fiamme gli sono sfuggite di mano. Non aveva pensato in quel momento che avrebbe potuto fare del male a qualcuno; ma in aula aveva invece ammesso, sì, riflettendo sull’accaduto durante il periodo trascorso in carcere si era reso conto che quella possibilità era concreta.

Il figlio aveva già chiesto scusa al padre con una lettera, toccante. E il padre, sempre in aula, lo aveva perdonato. Un perdono assoluto: tanto che con la ex moglie si era detto pronto a sostenere il figlio, ad aiutarlo e seguirlo in un percorso di cura, in modo che potesse guarire. Il 32enne aveva manifestato già la sua voglia di guarire, di impegnarsi in un reale percorso di cura. Ieri dopo la sentenza si è detto pronto a farlo, potendo contare sul sostegno della famiglia riunita al suo fianco.