Il Centro Geofisico prealpino rischia di chiudere per carenza di risorse pubbliche, ma Univa si fa avanti: «Noi confermiamo la vicinanza al Centro Geofisico prealpino come del resto fatto nel passato. Nel caso in cui arrivi una richiesta ufficiale, noi la prenderemo in considerazione».
Anche per il privato, però, è sempre più difficile aiutare il territorio. Lo si evince dall’analisi che fa, presidente e amministratore delegato di Lindt & Sprüngli Italia.
«Le aziende quotate in borsa sono messe ogni giorno di fronte a un mercato sempre più difficile. Devono far tornare i conti, altrimenti vengono penalizzate – spiega Bulgheroni – Per queste aziende è molto difficile trovare spazio per opere di mecenatismo. Perché è ovvio che oggi un’azienda che ha centomila euro da investire cerca il ritorno, e questo non arriva attraverso sponsorizzazioni e beneficenza».
La Lindt, nonostante tutto, ha realizzato parecchie opere per Induno Olona che è il Comune in cui si trova. E come lei altre aziende si sono spese per migliorare il territorio. «Ma non è possibile intervenire in tutto» afferma Bulgheroni.
E ancora: «È più facile collaborare con il territorio per le aziende dove l’imprenditore è padrone e può disporre del suo patrimonio come meglio crede senza dover render conto a nessuno».
Ma di questi imprenditori quanti ne restano? Neanche a dirlo,
se dopo aver bussato le porte di aziende grandi e piccole e aver collezionato tanti «no», il progetto ritorna al pubblico, ci si scontra con «i bilanci della Regione tagliati, la Provincia che non ha più soldi, il Comune meno che meno». Quale può essere dunque la soluzione? «Ogni realtà deve inventarsi qualche cosa – spiega Bulgheroni – Per esempio, il Centro geofisico potrebbe far pagare un biglietto ai visitatori, procurandosi così delle entrate».
«Bisogna prendere atto che, se si vuole tenere in piedi certe iniziative, bisogna cambiare i modi di presentarle. Poi ognuno farà le sue scelte, ma è chiaro che non è possibile rivolgersi ai privati per tenere in piedi qualcosa di pubblico. Piuttosto, bisogna trovare soluzioni interne, con nuove iniziative e fantasia».
L’ipotesi di far pagare alcuni servizi, però, non è sempre percorribile. , per esempio, di fronte a una carenza di finanziamenti, preferisce ridimensionare il Premio Chiara piuttosto che rendere a pagamento alcuni eventi che sono sempre stati gratuiti e aperti a tutti.
«Non posso snaturare lo spirito del Premio – spiega Lazzati – A Mantova si può pensare di far pagare l’ingresso nella Loggia quando viene , offrendo nel prezzo del biglietto anche l’aperitivo. Un’altra soluzione potrebbe essere quella di vincolare l’ingresso al Premio con quello di qualche altro evento».
«Per esempio: viene , ma può assistere al Premio solo chi ha comprato il biglietto del concerto. Oppure si può pensare a qualche azione di marketing, facendo per esempio le T-shirt del Premio. Ma non mi sembra che questi interventi rappresentino una buona soluzione. Alla peggio prenderò il Premio e lo porterò in Svizzera. Saranno loro ad averlo, anche se io spererei di rimanere in Italia».
Infine, «ma i soldi che aveva a disposizione la Provincia a chi sono andati? – si domanda Bambi Lazzati – Se me lo dicono, vado a chiederli lì».