L’assemblea nazionale della Crimea ha approvato una “dichiarazione di indipendenza della Repubblica autonoma di Crimea e della città di Sebastopoli” con 78 voti a favore su 81. La penisola gode di uno statuto speciale.
«Noi deputati della Crimea e di Sebastopoli in virtù delle norme internazionali e del parere consultivo della Corte internazionale di giustizia dell’Onu sulla dichiarazione d’indipendenza del Kosovo del 22 luglio 2010, abbiamo deciso che se verrà approvato il referendum del 16 marzo, nascerà la Repubblica di Crimea che sarà uno Stato della Federazione russa». Questa è la dichiarazione di Indipendenza.
Aggressione o legittima difesa? È difficile dirlo con certezza, ma la Russia, invadendo la Crimea, ha alzato un grande polverone, facendo focalizzare l’attenzione mediatica internazionale sull’omonima Repubblica Autonoma, appartenente all’Ucraina. La contesa di questa penisola ha inizio esattamente 60 anni fa, nel febbraio 1954, quando l’Unione Sovietica cede alla RSS Ucraina la provincia di Crimea per commemorare il 300° anniversario del trattato di Perejaslav. Gli abitanti della regione, in gran parte di origine russa, osteggiano questa decisione ma, nonostante la caduta dell’URSS, accettano di rimanere all’interno dell’Ucraina come repubblica autonoma.
Dal 1992 fino ad oggi la situazione era rimasta stabile e invariata. Le potenze occidentali hanno esortato Mosca a “cessare ogni sforzo per cambiare lo status della Crimea” e hanno dichiarato che il risultato del referendum non sarà riconosciuto «Qualunque referendum in Crimea non potrebbe avere alcun effetto legale, vista la mancanza di un’adeguata preparazione e l’intimidazione della presenza delle truppe russe»
Un aiuto spassionato?
Attualmente il 58,5% della popolazione è di etnia russa e solo il 24,4% è ucraina; per questo motivo sembrerebbe giustificabile l’intervento militare russo, organizzato per proteggere 1 milione di propri connazionali dalla rivoluzione scatenatasi qualche settimana prima a Kiev. Rimangono, però, alcuni dubbi sulle reali intenzioni della “Madre Patria”: la Crimea è un importante e strategico sbocco sul Mar Nero e nella città di Sebastopoli si trova una grande base militare russa, affittata con un contratto ventennale nel 1997,
recentemente prolungato fino al 2042. È possibile, quindi, che Vladimir Putin abbia deciso di fare leva sul sentimento nazionalista di questa penisola, non senza usare la forza, affinché venisse riannessa alla Federazione, in modo che il nuovo governo filoeuropeo non potesse “sfrattare” la flotta russa. Così, l’11 marzo, il Parlamento della Crimea ha votato per l’autonomia dall’Ucraina, con lo schiacciante risultato di 78 voti favorevoli su 81. Nei prossimi giorni la parola passerà direttamente alla popolazione, che dovrà esprimersi attraverso un referendum. Intanto, la lingua ufficiale della Repubblica è diventata il russo, ma il G7 ha dichiarato che non riconoscerà legittime queste e future modifiche istituzionali, in quanto violano la Carta dell’Onu.
La guerra è imminente?
Gli Stati Uniti affermano di essere pronti a “intraprendere altri passi, individualmente e collettivamente” se Mosca dovesse infrangere altri patti internazionali. Se da un lato si rischia lo scoppio di una nuova Guerra Fredda, fa sorridere il fatto che Vladimir Putin sia stato recentemente inserito nella lista dei candidati al premio Nobel per la pace. Molti sono gli interrogativi, ma una sola cosa è certa: in caso si scatenasse un conflitto, chi ci rimetterebbe di più sarebbero i giovani, che vedrebbero sfumare i propri sogni e progetti, in cambio di una dura leva militare obbligatoria. Ora c’è da sperare che questa tensione si risolvi con la diplomazia, che è sarebbe indubbiamente il modo migliore. Siamo sicuri che se in prima linea dovessero andarci i primi ministri, le guerre verrebbero tutte risolte in questo modo.
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